La Lotus Seven è la quintessenza della vettura sportiva, il modello simbolo della filosofia del fondatore, Colin Chapman. Ovvero, una macchina piccola, agile, leggera, maneggevole e diretta, capace di prestazioni brillanti non grazie a cubature e cavallerie abbondanti, ma alla riduzione del peso.
Alla fine degli anni cinquanta Chapman rielabora alcuni concetti già espressi in passato per produrre una vettura da posizionare sotto la più costosa e raffinata Eleven. Una sorta di motocicletta a quattro ruote essenziale e leggera ma efficace. Tanto semplice da poter essere venduta anche in kit di montaggio.
La Seven viene costruita attorno al telaio tubolare della Eleven. Rispetto a questa manca la bella carrozzeria avvolgente: le ruote sono separate e coperte da piccoli parafanghi di tipo motociclistico, manca il tettuccio e la carrozzeria è costituita da pannelli d’alluminio piani. Unica eccezione, il musetto sagomato.
La meccanica della Seven è realizzata mettendo insieme pezzi di grande serie: il cambio manuale a 4 rapporti è di provenienza BMC, i freni a tamburo Ford, il ponte posteriore rigido è quello della Nash Metropolitan. Le motorizzazioni sono, a scelta, tutte 4 cilindri: il Ford 100E da 1172cm³ e 36cv, il BMC A series da 948 cm³ e 39 CV e infine, nella versione Super Seven, il performante Coventry Climax FWA di 1098 cm³ da 75 CV, col quale il rapporto peso/potenza balza ad un ottimo 5,3 kg/ CV.
Le vendite, sia in versione assemblata che in kit, partono nel 1957, e vedono la Seven impiegata sia su strada che in pista, con buoni risultati.
Nel 1960 arriva il primo aggiornamento, che dà vita alla versione S2. Se poco cambia all’esterno, con nuovi parafanghi più avvolgenti e musetto in vetroresina, sotto il cofano le novità sono più interessanti. La nuova rosa di motori disponibili spazia dai Ford 105E da 997 cm³ e 39 CV e 116E da 1498 cm³ e 66 CV per la Seven alle unità elaborate Cosworth 109E da 1340 cm³ e85 CV e 116E da 1498 cm³ e 95 CV per le Super Seven, dotate anche di freni anteriori a disco.
La S2 resta a listino fino al 1968, quando cede il passo alla nuova S3, equipaggiata con motore da 1601 cm³ e 86 CV e retrotreno della Ford Escort Mexico, mentre l’anno successivo esce la Super Seven spinta dal nuovo 4 cilindri in linea bialbero Lotus da 1558 cm³ per 115 CV.
Ma le cose, si sa, cambiano, e negli anni settanta la Lotus è ormai una casa automobilistica a tutti gli effetti. I tempi delle kit car sono lontani, e il marchio conta già diversi titoli mondiali in Formula 1. In più la Seven è un modello in perdita, con un debito di 100 sterline per ogni vettura venduta. L’intenzione è quella di interrompere la produzione, ma si tenta comunque un salvataggio in extremis.
Nasce così la Seven S4, con la quale Lotus punta ad innalzare la produzione ad almeno 2000 unità all’anno. La ricetta prevede una carrozzeria più larga e lunga, con parafanghi anteriori allungati e coda più sporgente e squadrata, realizzata completamente in vetroresina e montata su un telaio rinforzato. Anche l’interno, per quanto ancora incredibilmente angusto, guadagna qualche centimetro. Debutta persino un tetto rigido asportabile, sempre in vetroresina. Sotto il cofano resiste invece la meccanica della precedente S3.
La vettura è un flop: ancora troppo spartana per conquistare nuove fasce di clientela, troppo goffa per gli estimatori del modello. Tra il 1970 e l’inizio del 1973, la vettura totalizza appena 664 esemplari, chiudendo definitivamente la vita della Seven marchiata Lotus. Oggi però, in virtù della sua rarità, la S4 è in rivalutazione dal punto di vista collezionistico.
Ne abbiamo parlato con Cristiano Luzzago qualche tempo fa: clicca qui per vedere il servizio realizzato per Gentleman Driver TV.
Fine della Seven marchiata Lotus abbiamo detto, perché, volendo, potete acquistare ancora oggi una Seven, nuova di fabbrica. A produrla ci pensa la Caterham Cars, distributore ufficiale del modello sin dal 1967, che a giugno 1973 ne acquisisce i diritti di produzione e, a partire dal 1974, rimette in vendita la vecchia S3, la più apprezzata della serie.
Altri negli anni si ispirano più o meno fedelmente all’iconica due posti della casa di Hethel: Locust, Westfield, l’olandese Donkervoort, la giapponese Mitsuoka e persino l’elaboratore tedesco Irmscher producono una propria versione della Seven originale. Segno che, nella sua semplicità, la vecchia Lotus aveva incarnato l’essenza stessa della guida, pura, senza fronzoli. Qualcosa che si desidera e si cerca ancora oggi, in barba all’elettronica, alla guida assistita, alle trazioni alternative. Perché guidare è un’altra cosa.