La AMC Pacer è uno dei modelli più insoliti, controversi, discussi e al contempo interessanti della storia automobilistica americana.
Prodotta dalla American Motors Corporation tra il 1975 e il 1980, la Pacer è una “compatta” dalle forme arrotondate e dalla vasta vetratura, una stranezza tra le carrozzerie spigolose e smisurate degli USA di quegli anni.
Il termine “compatta” è virgolettato perché, a fronte di una lunghezza insolitamente contenuta per gli standard americani (4,4 metri), la vettura è comunque larga quasi due metri e monta anteriormente motori piuttosto corposi.
Immaginata inizialmente con propulsori Wankel, la Pacer va invece a listino con unità 6 cilindri in linea da 3,8, 4,2 e 4,6 litri e un V8 da 5 litri, abbinati a trazione posteriore e cambi automatico a tre rapporti o manuale a tre o quattro marce. Soluzioni meccaniche fin troppo tradizionali per la vettura, dettate principalmente da economie di scala.
Come già detto, gli aspetti rivoluzionari della Pacer riguardano la carrozzeria e più in particolare l’abitacolo. Proposta in versione hatchback due porte e familiare due porte, la vettura è contraddistinta dalla carrozzeria asimmetrica.
La portiera lato passeggero è infatti più larga di 101 mm per facilitare l’entrata e l’uscita di chi si siede dietro e per invogliare ad uscire sul lato del marciapiede.
La Pacer viene progettata per offrire lo spazio interno e la sensazione di ariosità di un’auto ben più grande, a cui è abituato da decenni l’automobilista americano, abbinato a un corpo vettura più compatto, maneggevole, aerodinamico e, soprattutto, personale.
AMC all’epoca dichiara alla stampa che la Pacer è “la prima auto progettata dall’interno verso l’esterno. Quattro passeggeri sono stati posizionati con distanze ragionevoli e poi il resto dell’auto è stato costruito attorno a loro nel modo più compatto possibile”, con forme distintive, arrotondate e funzionali e superfici vetrate insolitamente ampie per l’epoca.
Il CEO di AMC Roy D. Chapin, Jr. dichiara: “Sarà un’auto visibilmente diversa, forse anche controversa. È un’idea che rappresenta una transizione tra ciò che è stato e ciò che verrà. Oggi contro domani”.
La celebre rivista Popular Mechanics gli fa eco: “Questa è la prima volta nella storia dell’industria automobilistica americana che un produttore di automobili, prima di presentare un nuovo prodotto, dichiara che ad alcune persone potrebbe non piacere”.
Parole coraggiose che preparano il pubblico ad un corposo pacchetto di idee che nel 1975 suonano futuristiche: dall’architettura con sbalzi corti e ruote agli angoli all’insolita proporzione tra lunghezza e larghezza.
Quest’ultima si dice fosse ampia anche per adattarsi alle linee di produzione esistenti. I montanti anteriori, e con essi la base del parabrezza, sono spostati molto in avanti, addirittura oltre il parafiamma.
E poi ancora un ottimo CX (0,43), dovuto anche a soluzioni come la carrozzeria levigata, senza gocciolatoi (soluzione criticata all’epoca ma in seguito adottata da tutti) e con i tergicristalli nascosti in posizione di riposo.
Non solo: la Pacer risulta essere una delle vetture più facili da riparare e, nonostante le dimensioni compatte, è anche una più silenziose e confortevoli su strada e più sicure alla prova dei crash test.
Ma, nonostante tutto, una vettura troppo “fuori dagli schemi” e in anticipo sui tempi, troppo distante e radicale rispetto agli standard di un pubblico molto conservatore.
Un progetto troppo rischioso e di nicchia per un’azienda come AMC, che non riesce a recuperare gli ingenti investimenti fatti in ricerca e sviluppo per un modello troppo moderno, che molti non capiscono.
Ci vorranno infatti almeno 15 anni per vedere i concetti portati avanti dalla Pacer applicati sulla maggior parte della produzione nazionale.