Poco conosciuto al di fuori della cerchia degli addetti ai lavori, Albrecht von Goertz meriterebbe decisamente più spazio tra gli annali del design automobilistico. Non tanto per il numero di progetti (non si occupava soltanto di automobili) quanto per la qualità espressa nelle sue realizzazioni.
Pur avendo perso il titolo di conte, nonostante la morte prematura del primogenito Eberhard, Albrecht von Goertz è spesso ricordato con tale titolo. Dopo gli studi in economia e le esperienze in banca tra Amburgo e Londra, nel 1936 il giovane Albrecht si trasferisce a New York dove, a dispetto delle sue origini nobili e benestanti, trova impiego in un autolavaggio e, poco dopo, presso una fabbrica di motori aeronautici.
Nel 1938 affitta un grosso garage nel quale crea un’officina. Qui effettua riparazioni meccaniche ma fa anche esperienza nella modifica estetica delle carrozzerie automobilistiche. Modificando prima alcune Ford A e B e poi cimentandosi anche in alcune realizzazioni integrali. Tra queste, una Mercury finisce addirittura esposta al Salone di San Francisco del 1939.
Al termine della parentesi bellica, von Goertz conosce per caso Raymond Loewy, uno dei più noti designer americani dell’epoca, il quale segnala Albrecht per un impiego presso la Studebaker, in Indiana. Da lì rientrerà a New York nel 1952, per aprire il proprio studio di design, la Goertz Industrial Design Inc., specializzato in design industriale in genere, dai classici oggetti d’uso fino all’automobile.
Sono anni di grande fermento e già nell’anno seguente Albrecht incontra il geniale Max Hoffman, importatore per gli Stati Uniti di parecchie marche automobilistiche europee. Hoffman, al quale si devono le intuizioni alla base delle migliori sportive degli anni 50 e 60, racconta a von Goertz dell’idea di far realizzare a BMW una vettura sportiva, per la quale è in cerca di idee sullo stile esterno.
Albrecht coglie l’occasione al balzo e definisce in breve le linee della BMW 503. Il suo stile colpisce i vertici della casa bavarese, che gli commissionano subito un altro lavoro, stavolta relativo a una roadster di fascia alta.
Il designer tedesco si supera, disegnando la sinuosa BMW 507, ancor oggi considerata una delle più belle roadster di sempre e affermandosi definitivamente come car designer di talento, guadagnandosi incarichi in Porsche, Nissan e Toyota.
Con le due case giapponesi von Goertz dà forse il suo massimo, contribuendo alla nascita delle due sportive nipponiche probabilmente più belle di tutti i tempi. A metà degli anni sessanta egli collabora con Nissan e con il loro partner tecnico Yamaha per sviluppare un’auto sportiva.
Alla soglia della presentazione della vettura, nel 1965, Nissan decide di abbandonare il progetto, lasciando a Yamaha la possibilità di rivendere lo studio a Toyota. Questa, con un opera di “ritocco” ad opera del designer Satoru Nozaki, concretizza il lavoro nella favolosa 2000 GT, oggi la granturismo giapponese più apprezzata e ricercata.
La traccia del lavoro del designer tedesco sopravvive anche in casa Nissan, che nel 1969 lancia la Datsun 240Z. Anche in questo caso il design definitivo viene affinato internamente, ma è la stessa casa giapponese ad ammettere che, a dispetto della collaborazione interrotta quattro anni prima, la coupé non avrebbe avuto lo stesso successo senza il contributo e l’ispirazione del “nobile” designer tedesco.