Anche dopo 40 la Panda resta una delle vetture più iconiche e originali mai prodotte da FIAT e, probabilmente, al mondo, la cui longevità (è stata prodotta dal 1980 al 2003) è solo uno degli indici del suo successo.
La Panda nasce per colmare un vuoto nella gamma della casa torinese, quello relativo superutilitarie “grandi”. Negli anni settanta la FIAT si produce la 126, evoluzione moderna dei concetti di auto da città supercompatta “tutto dietro” lanciati con la Nuova 500; un modello di mobilità evidentemente datato e troppo sacrificato per l’Italia esuberante che conosceremo nel decennio successivo. L’affermarsi delle più spaziose supereconomiche francesi come la Renault 4 e la Citroën Dyane (tardivo per la verità, dato che erano vetture già antiquate per l’epoca) le quali, a qualche spicciolo in più rispetto alla 126, offrivano spazio per 4/5 persone, 4 porte e portellone, crea di fatto la necessità di un modello intermedio tra 126 e 127, quest’ultima già considerabile come “prima auto” di famiglia.
Nell’estate 1976 il progetto viene affidato alla Italdesign di Giorgetto Giugiaro, sulla cresta dell’onda per i suoi primi modelli di grande successo da indipendente, a cominciare dalla VW Golf. Dopo i primi bozzetti di quello che è provvisoriamente definito “Progetto Zero”, Giugiaro e il suo team iniziano il lavoro in tandem con i tecnici di FIAT per definire il telaio (Progetto 141), finalmente a trazione anteriore; nel brief iniziale c’è la richiesta di poter montare motorizzazioni di derivazione sia 126 che 127 e carrozzerie a 3 e 5 porte (poi abbandonate).
Test col pubblico
Nel febbraio 1978 i primi prototipi vengono presentati, a porte chiuse durante un evento nel parco di Novegro, a una selezionata platea di affezionati clienti e concessionari, per valutare il gradimento della vettura relativamente all’aspetto, alla spaziosità e finitura dell’abitacolo, all’ergonomia, alla motorizzazione (di 650cc), al prezzo di vendita (2.800.000 lire, allineato alle due competitor francesi) e altre caratteristiche, incluso il nome, provvisoriamente scelto, di “Rustica”.
Con oltre un anno di ritardo, dovuto a forti tensioni sindacali che portano anche alla distruzione di una ventina di Panda di preserie, il 25 febbraio 1980 la vettura è ufficialmente ordinabile col nome di Panda: la versione “30” a 3.970.000 lire e la più potente 45 a 4.702.000 lire, prezzi fortemente aumentati rispetto a quanto immaginato due anni prima a causa della fortissima svalutazione di fine anni settanta. Ciò nonostante, la Panda totalizza oltre 70.000 ordini in appena due mesi, durante i quali la piccola FIAT calca la ribalta dei giardini del Quirinale per la presentazione in anteprima al Presidente della Repubblica, Sandro Pertini, e quella del Salone dell’automobile di Ginevra.
La nuova utilitaria torinese, giovanile, spartana ed economica, debutta con due motori: la versione “30” monta il bicilindrico raffreddato ad aria da 652cc della 126, mentre la più prestante “45” è mossa dal quattro cilindri raffreddato ad acqua da 903cc della 127. Rispetto alla concorrenza, la Panda svetta per gli interni innovativi e curati, resistenti, lavabili e modulari, caratterizzati dai molti vani portaoggetti, dai sedili anteriori a sdraio e dall’amaca posteriore che, se disposti in configurazione completamente orizzontale, creano un letto di fortuna: un plus non da poco per la clientela più giovane e avventurosa.
Il successo della Panda è immediato: diventa la vettura da carico per la campagna, l’auto per la spesa in città, il mezzo pratico per i ragazzi, col risultato che i tempi di attesa arrivano a sfiorare i dodici mesi, rendendo di fatto la Panda una sorta di ibrido tra auto economica e oggetto del desiderio. Proprio quest’ultima connotazione porta la nuova FIAT a diventare popolare in diverse pellicole cinematografiche nazionali e, nel settembre del 1981, al lancio della vezzosa Panda 45 Tetto Apribile, caratterizzata dall’apertura divisa in due porzioni, che va a colmare l’ultimo gap con la concorrenza francese, da sempre equipaggiata con questo accessorio simbolo di divertimento e libertà.
Il 1982 porta altre novità: la Panda 34, destinata solo all’esportazione, mossa dall’843cc della Fiat 850 berlina, il tetto apribile disponibile a richiesta anche sulla più economica “30” e, a fine anno, la Panda 45 Super, meglio rifinita, dotata di cambio a 5 marce e contraddistinta da una nuova calandra di plastica nera, con la quale debutterà per la prima volta il nuovo “family feeling” con le cinque barre diagonali cromate.
Nuovi orizzonti di mobilità
All’inizio del 1983 l’allestimento Super diventa disponibile anche per la Panda 30, mentre viene proposta alle grandi aziende nazionali (prevalentemente SIP ed ENEL) un’inedita versione furgonata a 2 posti e 810 dmc di vano di carico, esteso grazie ad un’appendice in tinta coi paraurti e accessibile da un’insolita e pratica serrandina in plastica posteriore, oltre che da due sportelli in plastica rigida con serratura, apribili dall’esterno, in luogo dei cristalli posteriori. Sempre nel 1983 l’austriaca Steyr-Puch sviluppa un sistema di trazione a quattro ruote motrici inseribile (che include frizione, scatola del cambio, albero motore a tre parti, assale posteriore con differenziale incluso e freni) pensato per la nuova Panda 4×4, lanciata a giugno ed equipaggiata col 965cc da 48cv della coeva Autobianchi A112; il cambio, a cinque marce, prevede una prima ridotta e le rimanenti equivalenti a quelle delle normali Panda a quattro marce, e consente alla piccola Panda da fuoristrada di raggiungere i 135 km/h. La Panda “integrale” diventa un’autentica bestseller delle zone di montagna: seppur parecchio più costosa delle versioni a trazione anteriore, è comunque molto più economica di un fuoristrada puro, rispetto al quale è anche più agile e meglio rifinita; è anche grazie ad essa se, già nel 1984, la Panda festeggia il milione di unità prodotte.
Il novembre 1984 vede una riorganizzazione degli allestimenti, mentre nel 1985 compare la prima di una lunga serie di versioni speciali, l’elegante “College” con carrozzeria bicolore; ne seguiranno, nel tempo, tantissime altre, sulle quali siamo costretti a sorvolare, mentre il passaggio forse più importante della fortunata carriera della piccola torinese arriva a gennaio 1986, col lancio della Panda “Supernova”, mossa dai nuovi motori Fire quattro cilindri raffreddati a liquido da 769cc cm³ per 34cv e da 999cc per 45cv (50 nel caso della 4×4), affiancati al vecchio 903cc. La nuova Panda monta nuove sospensioni posteriori con carreggiata allargata e ruote interconnesse, che sostituiscono le vecchie balestre donandole un’inconfondibile “postura”, nuovi interni, nuovi allestimenti e nuovo portellone, dato che la targa posteriore viene spostata sul paraurti. Debuttano poi la Panda “D”, spinta da un piccolo diesel da 1301cc e 37cv con cambio a 5 marce, e la Panda “Van”, versione evoluta della precedente furgonata e allestita dalla carrozzeria Maggiora.
Attenzione continua ai giovani
Nel 1987 viene lanciata una nuova versione d’attacco, la Panda “Young”, spinta da un “750” ricavato dallo stesso blocco ad aste e bilancieri del vecchio 903cc; rispetto alla Fire di pari potenza, costa meno sia in produzione che in vendita, diventando di fatto più appetibile per la fascia giovane del pubblico, da cui il nome della versione. Nello stesso anno, un’altra versione speciale diventa un autentico oggetto di culto: è la Panda 4×4 Sisley, dotata di serie di lussuosi sedili in finta pelle beige e alcantara, pannelli e moquette beige, strumentazione specifica comprensiva di inclinometro, lavafari, portapacchi, vernice metallizzata, paraspruzzi posteriori e diversi altri particolari specifici, molti dei quali personalizzati con la canoa stilizzata simbolo dell’omonimo brand di moda. Dopo pochi mesi, si festeggiano i due milioni di esemplari prodotti.
Tornando alle versioni speciali, il 1989 vede il lancio della Panda “Dance”, con allestimento simile alla Young ma meccanica da 903cc, mentre l’anno successivo debutta, in occasione dei mondiali di calcio giocatisi nel nostro paese, la vistosa serie limitata “Italia ’90”: verniciatura integrale in bianco (inclusi i tergi) e inediti copricerchioni con pallone stilizzato, oggi ambiti e introvabili. Sempre nel 1990 la Panda scopre il cambio automatico, con la versione Selecta, e compie la sua prima vera svolta in chiave ecologista, col lancio delle versioni catalizzate e della Elettra, sbalorditiva versione a trazione totalmente elettrica ma dal proibitivo prezzo di 25.600.000 di lire. Nel 1991 un nuovo restyling, interessa interni e calandra, ora in stile “Tipo” anche se non in tinta vettura; cambiano allestimenti e tessuti interni e, per alcune versioni, volante e coppe ruota.
Un viale del tramonto lungo 12 anni
Negli anni successivi la Panda inizia un lento declino, che non le impedirà comunque di rimanere sulla breccia per altri 12 anni, grazie a ulteriori aggiornamenti e una progressiva riduzione di prezzo che la porta ad essere di fatto, tra sconti e campagne speciali, l’utilitaria più economica sul mercato. E se con le versioni base la Panda è il modello più accessibile dei listini, le nuove lussuose versioni Jolly e Country Club 4×4 offrono, ad un prezzo comunque concorrenziale, una ricca dotazione di serie che include pneumatici maggiorati, barre sul tetto, paracolpi laterali, pannelli porta integrali in tessuto, vetri atermici e azzurrati elettrici (i posteriori apribili a compasso), chiusura centralizzata, specchietto retrovisore destro e vernice metallizzata.
Da gennaio 2001, coi medesimi allestimenti di prima, la Panda sopravvive col solo motore Fire da 1108cc ad iniezione elettronica multipoint, per rientrare nella categoria di omologazione “Euro 3”. Gli ultimi esemplari di Panda lasciano le catene di montaggio dello stabilimento Fiat di Mirafiori il 5 settembre 2003, seguendo di poco il lancio della seconda generazione della Panda, una macchina totalmente nuova e che inizialmente doveva chiamarsi pure in altro modo. Le ultime unità prodotte del vecchio modello lasciano i concessionari addirittura alla fine del 2004, mantenendo il modello ancora saldamente in testa alle vendite del settore citycar nonostante fuori produzione da quasi un anno. Un segnale inequivocabile di apprezzamento, condiviso con poche altre vetture nella storia, tutte altrettanto iconiche e rappresentative di un’epoca: il Maggiolino, la 2CV, la Mini.
Le celebrazioni
Oggi, a 40 anni tondi dal lancio, la Panda è ancora una vettura estremamente trasversale: le prime versioni con la calandra metallica sopravvivono, stremate ma indistruttibili, nelle polverose strade di campagna o tra i vicoli di antichi borghi, ma con la stessa dignità fanno finalmente capolino, fiere e lucenti, nelle mostre di settore, salvate e curate da chi, con lungimiranza, ne apprezza la genialità innovativa e inconfondibile di quel periodo e ne fa una bandiera dell’Italia degli anni ottanta, che molti di noi ricordano con un pizzico (o forse più) di nostalgia, legato a ricordi che, per tutti, coinvolgono almeno in qualche occasione una Panda: della mamma, dell’amico, del vicino di casa.
Tanti saranno quest’anno gli eventi dedicati al quarantennale, a partire dal raduno organizzato dal vivace Panda Club Italia durante la mostra Verona Legend Cars, a maggio, la cui edizione 2020 avrà un focus speciale proprio sulle youngtimer. Fortunati quindi i proprietari delle prime “30” e “45”, ma anche delle varie versioni speciali, soprattutto le più rare, e delle ancor più ricercate fuoriserie, dalle Scioneri alle Giannini, alle carrozzate come la Panda Rock di Moretti. Piccola grande Panda, modello economico e basico ma comunque capace di conquistare il Compasso d’Oro e il secondo posto come “Auto dell’Anno” nel 1981, e di toccare il cuore di quasi 4 milioni e mezzo di affezionati automobilisti, tra i quali non si può non ricordare lo stesso Gianni Agnelli.
Michele Di Mauro