Sta facendo molto scalpore, proprio in queste ore in cui si vota per l’esenzione totale del bollo per i veicoli storici e per l’introduzione della ristampa delle vecchie targhe, un articolo apparso su Il Messaggero riguardante il recente provvedimento che sancisce il dimezzamento della tassa di proprietà per le vetture di età compresa tra venti e ventinove anni, a patto che, lo ricordiamo, siano provviste di Certificato di Rilevanza Storica, rilasciato dall’ASI o dai registri di marca del gruppo FCA.
“Mini-bollo per 4 milioni di auto vecchie e inquinanti: scoppia il caso”
“Poveri Salvini e Di Maio, dovrebbero mettersi il casco. Sono a bordo di un veicolo guidato da un esecutivo che non ha nemmeno la patente. Eh sì, nel settore dell’auto e sul tema della mobilità, questo governo tutti i pasticci che poteva fare li ha fatti.” Già dall’incipit emerge chiaro il tono derisorio del servizio, che ha tanto l’aria di un’iniziativa messa su ad arte per creare un caso che in realtà non esiste se non sulle pagine de Il Messaggero. Perché a ben vedere non v’è traccia di “caso” su nessun’altra testata. Ma andiamo oltre.
L’apocalittico articolo si lancia in profezie che mettono i brividi: le vetture tra venti e trent’anni che beneficeranno della riduzione del bollo (si badi bene, riduzione del 50%, non esenzione) non sono poche decine di migliaia “come vorrebbe il principio del valore storico”, che non si sa bene quale dovrebbe essere, ma ammonterebbero a quasi quattro milioni di veicoli, “un corposo gruppo di vetture che da solo inquina più degli altri 30 milioni e oltre di auto più nuove in circolazione sulle strade della Penisola con gravi conseguenze per la salute dei cittadini.” Ci sarebbe da sorridere se non si trattasse di un articolo apparso davvero su una testata nazionale.
Il pezzo continua poi con una serie di appunti, alcuni condivisibili, altri decisamente distanti dalla realtà di chi vive e conosce questo mondo: si va dalla mancanza di coerenza del provvedimento con i cosiddetti eco-bonus, sul quale l’autore pure ne ha da dire, alla minor sicurezza dei veicoli più datati, al mancato introito fiscale che deriverebbe dal provvedimento. Forse è il caso di fare, ancora una volta, chiarezza su una serie di punti per comprendere il ragionamento che sta alla base del provvedimento, sperando venga letto anche dalle parti della redazione de Il Messaggero. Dopodiché, ognuno tragga le conclusioni che crede, ma almeno non si perda di vista l’onestà intellettuale.
Perché le cose non stanno esattamente così
Anzitutto, le vetture tra venti e trent’anni ad oggi provviste di CRS rilasciato dall’ASI risultano, al dicembre 2018, appena 185.000; molti di questi sono stati richiesti prima che il governo Renzi eliminasse le esenzioni che, fino a pochi anni fa, erano totali senza che nessuno gridasse allo scandalo. È certamente prevedibile un aumento consistente in virtù del nuovo provvedimento, ma i quasi quattro milioni che costituirebbero la totalità di questi veicoli sono una cifra ancora parecchio lontana e onestamente piuttosto difficile da raggiungere. E, ricordiamolo, in ogni caso sono stati nominati degli enti certificatori deputati a verificare i veicoli uno ad uno, ed è auspicio di tutti che i commissari incaricati provvedano a fare le dovute differenze tra vetture collezionabili e semplici ferrivecchi.
Secondo, una riduzione (e non un’esenzione) della tassa di proprietà si traduce, nel caso di vetture di piccola e media cilindrata, in un risparmio annuale quantificabile tra qualche decina e poche centinaia di euro; per molti il risparmio si annulla, al primo anno, già solo con i costi per ottenere e trascrivere la certificazione. Molto difficilmente chi oggi è in procinto di sostituire la propria auto con una nuova, più moderna, sicura e meno inquinante, rinuncerà a farlo per godere di un risparmio tanto esiguo, annullato con ampio margine dai maggiori consumi medi di una vettura datata rispetto a una più moderna e tecnologicamente evoluta.
Terzo, tra le righe dell’articolo emerge un sottinteso sconcertante: si parla delle auto “ventennali” come se fossero tutte indistintamente vecchie, di scarso valore, possedute da soggetti non classificabili come appassionati, il cui unico è scopo quello di risparmiare qualche “pezzo da cento” guidando queste vetture quotidianamente (cosa che il collezionista medio non fa) e infischiandosene di sicurezza e inquinamento; soggetti che, al contrario, andrebbero sostenuti per acquistare un’auto nuova. Una generalizzazione tanto dannosa quanto colpevole.
Pagano sempre gli automobilisti
Siamo tutti d’accordo sul fatto che le 3.850.000 vetture ultraventennali oggi circolanti in Italia (fonte ACI) non siano tutte utilizzate per scopi collezionistici, e proprio per questo il beneficio fiscale non è concesso d’ufficio a tutte, ma solo previo verifica e certificazione. Ma sappiamo anche che il mercato delle youngtimer è uno dei più vivaci degli ultimi anni, animato da quei giovani appassionati che con tanta insistenza sono ricercati dai club e dai registri per alimentare un auspicabile cambio generazionale. E sappiamo anche che molte di queste “ventennali” sono rimaste gelosamente custodite nei garage di tanti appassionati che si sono visti, col Governo Renzi, schizzare retroattivamente i bolli da 20/25 a diverse centinaia se non migliaia di euro (non ricordo un articolo de Il Messaggero al riguardo), mentre chi non ha potuto permettersi di continuare a tenerle è stato costretto a svendere a commercianti stranieri, piombati letteralmente come avvoltoi a fare man bassa di youngtimer sfruttando le difficoltà causate da una strategia politica che, allora ben più di oggi, tanto strategica non era.
Per non parlare della penalizzazione pesante causata all’indotto di questo settore: carrozzieri, elettrauti, meccanici, ricambisti, che si sono visti polverizzare un intero settore di mercato nel giro di qualche settimana; gente che lavora, fattura, paga le tasse, mantiene famiglie. Chissà perché, quando si parla di copertura fiscale, di queste persone ci si dimentica sempre.
Per chiudere, il “benaltrismo” è una pratica che non ci appartiene, ma siamo davvero sicuri che tutti i mali del mondo risiedano uno sconto sul bollo? Sono state tirate in ballo salute, sicurezza, ecologia, coperture economiche. Gli appassionati di youngtimer sono davvero una categoria tanto pericolosa? Forse. Sta di fatto che a Torino, “La Città dell’Automobile”, e in diversi comuni del Piemonte e dell’Emilia, i recenti blocchi alle vetture, estesi addirittura fino alla categoria euro 5, non hanno sortito gli effetti sperati nella riduzione delle polveri sottili. Chissà che non si stia curando il malato dalla parte sbagliata.
Michele Di Mauro