Presentiamo in tre puntate, per festeggiare il 90° compleanno della mitica Mille Miglia, la storia della “Corsa più bella del Mondo”, nata dalla penna di Andrea Franchini.
La nascita di un mito
La Mille Miglia, “La corsa più bella del mondo” come la definì Enzo Ferrari, è stata una competizione automobilistica di velocità pura che in trent’anni, dal 1927 al 1956, ha visto svolgersi 24 edizioni da sogno, fermandosi solo per alcuni anni a causa della guerra.
La Mille Miglia è un sogno anche oggi dopo che nel 1977 la Freccia Rossa (così chiamata per il suo marchio caratteristico ben riconoscibile) ha ripreso ad accendere di passione le stesse strade di allora, coprendo mezza Italia. Anche se oggi è una competizione di regolarità, quindi a velocità controllata, per auto storiche.
Per capire come è nata, analizziamo brevemente l’epoca e il luogo di nascita.
Nel 1927 in Italia si era stabilizzato il nuovo regime politico, l’industria italiana era ripartita dopo la disfatta della prima guerra mondiale e l’automobile era al centro dell’attenzione della cultura e dell’interesse popolare.
Proprio un anno prima nel ’26 D’Annunzio aveva parlato dell’automobile come di un oggetto di genere femminile, fin lì si era parlato degli automobili al maschile. Per D’Annunzio, l’auto rimandava idealmente alla donna: seducente, spigliata, pericolosa e gioiosa. Il movimento artistico e culturale del Futurismo ne celebrava le qualità: la velocità, la spinta al futuro, alla conquista dell’uomo sulla natura.
E Brescia? Brescia con il suo rapporto speciale con l’industria, l’acciaio, l’economia – seconda città della Lombardia, sempre in competizione con Milano – nel ’27 aveva già un ruolo leader nell’automobilismo. Il Gran Premio d’Italia nacque infatti a Montichiari nel ’21 e già dall’anno dopo fu assegnato a Monza che aveva il suo nuovo circuito. L’orgoglio locale chiedeva soddisfazione per questo sgarbo.
Ci pensarono quattro amici, giovani, brillanti e intraprendenti: idearono una corsa – unica nelle previsioni – che da Brescia arrivasse a Roma in omaggio al regime e che nel suo nome evocasse i fasti imperiali. I milleseicento chilometri diventarono mille miglia. Il regime diede il suo benestare. I quattro moschettieri: Franco Mazzotti, pilota e aviatore ventiduenne; il conte Aymo Maggi, altro pilota ventiquattrenne; Renzo Castagneto organizzatore e direttore dell’AC Brescia e Giovanni Canestrini grande sportivo e giornalista ce l’avevano fatta. L’avventura cominciava.
1927 La Prima Coppa delle Mille Miglia
A Brescia il 26 marzo del 1926 alle otto del mattino partì la prima auto in gara: l’Isotta Fraschini di Aymo Maggi e Bindo Maserati. Nessuno si rese conto di quanto poco ci avrebbero impiegato i vincitori a tornare; i concorrenti partirono con bagagli per stare in viaggio almeno due giorni. Una partenza al minuto con l’orario dipinto a vernice che rappresenterà anche il numero di gara.
Il 27 marzo, nella sede del Regio Automobile Club di Brescia, verso le quattro del mattino Renzo Castagneto capì che l’arrivo si sarebbe verificato molto presto oltre ogni logica previsione, grazie ad un telegramma giunto dal posto di controllo di Feltre.
In assenza di mezzi di comunicazione in tempo reale (la tv non era ancora stata inventata e la radio era agli albori), fu il passaparola a svegliare i bresciani; incredibilmente, il pubblico era numerosissimo.
Nessuno riteneva possibile percorrere mille miglia in ventuno ore. Ma poco dopo le sei del mattino sul traguardo di Viale Venezia arrivò la festeggiatissima OM 665 Superba dei vincitori Nando Minoja e Giuseppe Morandi con la media di oltre 77 chilometri orari. Al secondo e al terzo posto si piazzarono altre due OM, per un tripudio tutto bresciano. Gastone Brilli Peri, favorito con la sua Alfa Romeo RLSS, si era ritirato a Perugia. Si era corso allo spasimo, tra scrosci di pioggia, banchi di nebbia e turbini di polvere delle strade non asfaltate. Settantasette auto al via, cinquantacinque all’arrivo. In ricordo di tale tripletta vittoriosa, nelle rievocazioni storiche di regolarità le prime a partire saranno sempre le OM (sigla di Officine Meccaniche) bresciane.
1928 Il duce ordina “Si ripeta”
Il successo della prima Coppa Mille Miglia fu tale che nei mesi successivi, dopo alcuni problemi di carattere politico sull’opportunità di una seconda edizione, fu il Duce stesso dare l’ordine perentorio di proseguire con scrivendo di suo pugno “Si ripeta!” sul telegramma di richiesta degli organizzatori.
Il 31 marzo al via partirono ottantatré auto, ne arrivarono quaranta dopo una corsa quasi tutta sotto la pioggia. Una vera avventura considerando in quegli anni le auto erano perlopiù scoperte.
Il 1 aprile cominciò il dominio Alfa Romeo sulla corsa: vinse la 6C 1500 SS Spider Zagato progettata da Vittorio Jano e condotta da Giuseppe Campari e Giulio Ramponi, seconda la OM 665di Archimede Rosa e Franco Mazzotti, terzi Ermenegildo Strazza e Attilio Varallo su Lancia Lambda 221. Campari, il vincitore, era già un personaggio: soprannominato “El Negher”, fisico imponente, aveva una grande passione per il canto lirico, ma anche l’autoironia di chi sa difendersi con il sorriso quando la gente in teatro gli urlava “Ma vai a correre” e nei circuiti “Ma vai a cantare…”.
Nel ’28 aprirono la gara le tre velocissime Bugatti T43 di Nuvolari, Brilli Peri e Bordini. Auto spesso vincenti, ma alla Mille Miglia colsero solo il sesto posto di Brilli Peri.
1929 “El Negher” concede il bis
Le corse su strada in tutta la prima metà del ‘900 furono il più potente mezzo pubblicitario per le case automobilistiche. Milioni di persone ai bordi delle strade sfioravano e acclamavano sia le grandi cilindrate prevalentemente da corsa – candidate alla vittoria assoluta – sia le piccole vetture di serie, opportunamente preparate da schiere di carrozzieri e meccanici, che competevano per le vittorie di classe e di categoria; divisioni per cilindrate e caratteristiche di carrozzeria che nella storia delle Mille Miglia hanno cambiato spessissimo di tipo e dimensione.
Il 13 aprile partirono da Brescia settantanove auto e ne arrivarono quarantadue dopo varie piogge intermittenti. L’Alfa Romeo da quell’anno iniziò la produzione delle vetture complete che venivano carrozzate al Portello.
Il 14 aprile tra le prime dieci della classifica assoluta ci furono ben sette Alfa Romeo 6C 1750. La prima era quella di Campari, che bissava il successo del ’28, in coppia con Giulio Ramponi. Secondi Morandi e Rosa con una OM665, modello finora sempre sul podio, e terzi Achille Varzi e Gioacchino Colombo con la seconda 6C 1750.
L’Alfa Romeo era un marchio oramai pienamente affermato. Nel 1928 Henry Ford, fondatore dell’omonima casa, ammetteva di togliersi il cappello per strada quando vedeva passare un’Alfa Romeo. La squadra corse dell’Alfa Romeo da quest’anno e fino al 1939 si chiamerà Scuderia Ferrari, la dirigerà Enzo Ferrari che solo nel 1947 fonderà la Casa omonima.
1930 Vince “Nivola”, il Mantovano volante
Nel 1930 le date sono quelle del 12 e 13 aprile, le auto al via 135 mentre all’arrivo 73. La pioggia quest’anno arrivò sulla parte finale del percorso. A tale proposito un simpatico legame tra la corsa storica e le rievocazioni moderne della Mille Miglia è dato dal tempo: secondo la tradizione vuole ogni anno auto ed equipaggi devono affrontare in gara tutte e quattro le stagioni meteorologiche. L’Alfa Romeo piazzò ben quattro 6C 1750 – vincenti all’estero: 24 Ore di Spa e Tourist Trophy – ai vertici della classifica: primi Tazio Nuvolari e Giovan Battista Guidotti che superarono per la prima volta la media dei 100 chilometri orari; secondi Achille Varzi e Carlo Canavesi; terzi “El Negher” Campari con Attilio Marinoni. Leggenda vuole che Nuvolari abbia vinto superando di notte a fari spenti Varzi, e anche se l’episodio è stato smentito di aneddoti simili è piena la storia della Corsa.
Nel ’30 il regolamento di gara introdusse la Categoria vetture utilitarie per cilindrate inferiori a 1500 cc nelle cui classi inferiori stravinsero le auto della Fiat, l’unica casa sempre presente alla Mille Miglia e alla cui affermazione e popolarità la corsa deve molto.
Con le utilitarie di tutte le marche saranno tantissimi i semplici appassionati che negli anni potranno schierarsi al via e correre accanto ai campioni più affermati, segno di una corsa popolare non solo per gradimento del pubblico ma anche sul fronte delle partecipazioni.
1931 La prima vittoria straniera
Al quinto anno di Mille Miglia, la sorpresa: la vittoria dei fortissimi tedeschi Rudolf Caracciola e Wilhelm Sebastian con un’auto portentosa, la Mercedes-Benz SSKL.
(sigla che vuol dire Super Sport Corta Leggera). Con una cilindrata di 7069 cc, l’auto in quel periodo era considerata probabilmente la più veloce del mondo.
Si corse l’11 e il 12 aprile, di novantanove partiti quaranta non arrivarono al traguardo. Secondi furono i terzi dell’anno prima: Campari e Marinoni con l’Alfa Romeo e terzi Morandi e Rosa con un’immancabile OM665. Seguirono altre sette vetture del Biscione. A danneggiare tutte le auto della casa un’impressionante debolezza dei pneumatici, che furono afflitti da un’infinità di forature, lo stesso Nuvolari arrivò soltanto nono. Nel corso degli anni il percorso di gara si modificò leggermente e, con l’aumentare della notorietà, agli organizzatori della corsa fu chiesto da molti comuni esclusi che le auto transitassero nel loro territorio. Ma si rimase sempre fedeli, tranne nel ’40, al Brescia-Roma-Brescia, con chilometraggi il più possibile vicini alle fatidiche mille miglia.
1932 Il successo torna a un italiano
Il 9 e 10 aprile si corse la sesta edizione, la precedente vittoria straniera da un parte diede alla corsa una patente di internazionalità, dall’altra ferì l’orgoglio italiano spingendolo a cercare la rivincita. La troverà nella vittoria del ternano Baconino Borzacchini; il nome evocativo dell’anarchico Bakunin, registrato all’anagrafe, solo da due anni era stato cambiato nel più opportuno Mario Umberto. Vinse con Amedeo Bignami, sulla potente Alfa Romeo 8C 2300 spider Touring vincitrice anche alla 24 Ore di Le Mans e di Spa. Furono introdotte novità organizzative.
Ad esempio, le verifiche tecniche antegara furono portate in piazza della Vittoria, inaugurata quell’anno. Il genio organizzativo di Renzo Castagneto non solo permise agli inviati della stampa di seguire la gara con la propria vettura, ma anche spostò l’orario di partenza della prima vettura alle otto di mattina, in modo tale che anche gli arrivi avvenissero in un’ora ancora accessibile al grande pubblico.In gara a Bologna era primo Nuvolari con un’altra Alfa 8C 2300 alla media record di 161,361 km/h, precedendo il compagno di squadra Caracciola (la Mercedes-Benz versava in difficoltà economiche inducendo il tedesco a cambiare scuderia), primo a Roma, e Varzi con la Bugatti T55 di cinque secondi. I loro ritiri e un prodigioso inseguimento, battendo ogni record nel tratto Roma-Brescia, consentirono a Borzacchini di vincere. Secondi Trossi e Brivio sempre su 8C 2300. Terza la 1750 di Luigi Scarfiotti e Guido d’Ippolito.
1933 La seconda volta di Tazio Nuvolari
Nel ’33 l’Europa era in fase di grandi difficoltà economiche e anche l’automobilismo sportivo ne risentì, dato che pneumatici e benzina erano beni preziosi da risparmiare. In gara fece la sua apparizione un auto a gassogeno, particolare combustibile gassoso derivato dal carbone, che però erogava pochissima energia al motore. L’8 e il 9 aprile del 1933 si confermò il dominio assoluto delle Alfa Romeo che occuparono i primi dieci posti nella classifica assoluta.
Fu un anno magico per Tazio Nuvolari che bissò la vittoria del ’30 stavolta con l’amico Decimo Compagnoni passato alla storia dell’automobilismo come “il leggendario meccanico di Nuvolari”, su una 8C 2300 spider Zagato, precedendo gli equipaggi Castelbarco/Cortese e Taruffi/Pellegrini.
Una gara velocissima del mantovano che al rifornimento di Bologna trovò Enzo Ferrari in persona, direttore della scuderia, a ordinargli di rallentare per non buttare via un successo ormai sicuro. Il Mantovano fu accolto a Brescia come un eroe, in quella stagione vincerà ben sette Gran Premi, la 24 Ore di Le Mans ed il Tourist Trophy. Da segnalare la prima presenza ufficiale di una squadra inglese: la MG che vinse la classe 1100 con l’equipaggio Lurani/Eyston, invitata dal Re d’Italia e da Mussolini.
1934 La rivincita di Achille Varzi
L’8 e 9 aprile del 1934 si corse sul percorso modificato che dopo Padova puntò su Mestre e Venezia – attraverso il lungo ponte sulla laguna inaugurato nel 1933 – e quindi su Treviso, ricongiungendosi a Vicenza all’itinerario classico. La corsa visse sullo scontro tra Achille Varzi – vincitore con Amedeo Bignami su un’Alfa 8C 2600 Monza spider Brianza – e Tazio Nuvolari, con Eugenio Siena, alla guida di un’Alfa 8C 2300. A differenza dell’edizione del 1930, Varzi ebbe il vantaggio di partire dopo Nuvolari, inseguendolo fino a Bologna. L’utilizzo, poi, di pneumatici Pirelli ancorizzati, il cui battistrada era stato intagliato lateralmente per far scaricare l’acqua, al posto dei Dunlop usati da Nuvolari, diede un ulteriore vantaggio al vincitore che, nonostante la pioggia, stabilì il nuovo record della corsa. Terzi, Louis Chiron e Amedeo Rosa con lo stesso modello dei vincitori. In gara si fecero notare Anna Maria Peduzzi, detta “Marocchina”, con il marito Franco Comotti tredicesimi assoluti su Alfa Romeo 6C 1500; Enzo Ferrari disse a proposito: “La loro fu una vera e propria love story consumata nella mia squadra”.
Andrea Franchini
Foto Archivio Club 1000 Miglia.
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Ringraziamo per la collaborazione: Farecantine architettura del vino http://http://www.farecantine.it/