La 24 Heures du Mans, per noi 24 Ore di Le Mans, è una delle gare automobilistiche più antiche e iconiche della storia. Dal 1923 si svolge annualmente al Circuit de la Sarthe, nei pressi di Le Mans, in Francia, ed è organizzata dall’Automobile Club de l’Ouest (ACO).
Gara più importante del campionato del mondo endurance, la classica di durata francese è ormai praticamente un evento a sé, tanta è la popolarità che si è guadagnata nel tempo.
Ne parliamo oggi perché l’edizione 2021 è in svolgimento proprio in queste ore, con team e piloti delle Classi Hypercar, LMP2, LMGTE Pro e LMGTE Am alle prese con le sessioni di prove e le qualificazioni. Tutto in attesa di sabato, giornata in cui ci sarà un breve warm-up al mattino e la partenza della gara alle 16. Il termine ovviamente dopo 24 ore, alla stessa ora di domenica pomeriggio.
Da sempre la gara è una sorta di manifesto dello sviluppo tecnologico delle più grandi case automobilistiche, che oggi si sfidano a colpi di elettronica e trazioni ibride. Tante, in quasi un secolo, le soluzioni tecniche ed aerodinamiche sviluppate proprio in funzione della partecipazione alla 24 ore. Tutto comincia il 26 e 27 maggio 1923, su un tracciato della lunghezza di oltre 13 chilometri che per buona parte si appoggia su strade solitamente aperte alla normale circolazione.
Un percorso che negli anni si arricchisce di varianti e sezioni realizzate appositamente, sul quale si sfidano diverse tipologie di vetture suddivise in quattro classi, dai prototipi alle auto di serie. Vince la vettura che al termine delle 24 ore ha percorso la distanza maggiore. In pista si alternano al volante della stessa vettura tre piloti, due fino al 1970. Ma nei primi anni di gara erano ammessi anche i piloti solitari. Caratteristica, per decenni, è stata la “partenza Le Mans”, con le auto allineate su un lato della pista e i piloti sull’altro: al “Via!” dato dalla bandiera francese, i piloti attraversavano di corsa la pista, entravano in auto e partivano.
Una procedura dalla dinamica rischiosa, resa ancor più pericolosa dall’introduzione delle cinture di sicurezza, che per essere allacciate correttamente richiedevano l’ausilio dei meccanici: per non perdere tempo, i piloti gareggiavano nel primo turno (circa un’ora) senza le cinture allacciate, salvo poi farsi “legare” alla prima sosta ai box. Nel 1969 fu il campione di Formula 1 Jacky Ickx ad opporsi pubblicamente a questa prassi, attraversando la pista camminando lentamente prima di allacciarsi correttamente la cintura e partire, in prevedibile ritardo. Un gesto plateale non gli impedì di vincere comunque la corsa nel quale, al primo giro e senza la cintura allacciata, morì il pilota britannico John Woolfe.
Grazie al suo gesto, l’anno seguente la partenza viene sostituita con una “in corsa”, come alla 500 Miglia di Indianapolis. Della “partenza Le Mans” resta però una traccia su una delle case protagoniste della corsa francese: la Porsche conserva tuttora, anche sui modelli di serie, l’accensione a sinistra della colonna dello sterzo. Un accorgimento che all’epoca permetteva al pilota di avviare il motore con la mano sinistra mentre al tempo stesso con la destra inseriva la prima, risparmiando decimi preziosi per scattare in testa alla competizione.
La storia di Le Mans e quella di Porsche sono legate a doppio filo, con le 906 e 908 protagoniste degli anni sessanta, le mostruose e imbattibili 917 “corte” e “lunghe”, capaci di superare i 360 all’ora, e poi ancora le 936 e 935 Turbo vincitrici nel 1976, 1977 e 1979 fino alla vittoria più schiacciante nella storia di Le Mans, quando nel 1983 la casa tedesca occupò ben dieci delle prime undici posizioni finali.
Ma tantissime, troppe sono le avventure vissute sul circuito francese che meriterebbero una menzione, dallo strapotere di Bentley degli anni venti a quello Alfa Romeo degli anni trenta, al debutto vittorioso di Ferrari nel 1949 con la 166 MM che Luigi Chinetti guidò per 23 ore e mezza su 24!
Tanti, purtroppo, anche i momenti bui: su tutti svetta la strage del 1955, anno in cui la Mercedes-Benz 300 SLR di Pierre Levegh urta ad altissima velocità l’Austin-Healey guidata da Lance Macklin, catapultandola sulla folla. Nell’impatto muoiono il pilota e ben 83 spettatori, mentre ne restano feriti 120. In segno di rispetto per le vittime le Mercedes ancora in gara (che non viene interrotta) vengono ritirate. Lo shock è tale che molte gare della stagione sono cancellate e la Svizzera bandisce per sempre le corse automobilistiche. Mercedes si ritira dalle corse per oltre trent’anni.
Gli anni sessanta sono invece universalmente noti per l’alternanza, nell’albo d’oro dei vincitori, di due soli nomi: Ferrari e Ford, che si aggiudicano rispettivamente 6 e 4 edizioni. La rivalità parte nel 1964, pare a causa del mancato acquisto della casa del cavallino da parte del colosso americano. Enzo Ferrari non è infatti disposto a cedere il controllo dell’attività sportiva, condizione imprescindibile per gli americani. I quali, indispettiti, si vendicano col progetto GT40 che, dopo un esordio piuttosto deludente, porta alla Ford ben quattro successi consecutivi.
Gli anni successivi vedranno l’alternarsi sul podio di Porsche e Matra, fino alla scossa data da Mazda negli anni 80, in cui investe coraggiosamente sul motore rotativo. Una sfida vinta nel 1991 con l’incredibile 787B, giusto un anno dopo la registrazione della velocità più alta mai raggiunta a Le Mans, 400 km/h tondi, raggiunti dalla Sauber Mercedes durante le prove. Un dato tanto spettacolare quanto preoccupante, che induce la Federazione a far modificare il tracciato aggiungendo delle chicane sul rettilineo delle Hunaudières. Sarà la fine di un’epoca.