Achille Varzi inizia a correre per sfida: vuole emulare le gesta del fratello maggiore Angioletto, che gareggia in moto. E ci riesce: ben presto i due si ritrovano in circuito e Achille ha spesso la meglio.
Dopo un solo anno di corse, nel 1923, è campione italiano Seniores e, dal 1924, gareggia nel campionato assoluto, dove trova un avversario, e in seguito un amico, che gli cambierà la vita: Tazio Nuvolari.
È proprio Nuvolari infatti a guidarlo al grande salto verso le competizioni automobilistiche. Nel 1928 lo convince ad acquistare in comproprietà una Bugatti Tipo 35C con cui correre. È la vettura su cui Varzi compierà i primi test al volante prima di comprare, pochi mesi dopo, un’Alfa Romeo P2 usata l’anno prima da Giuseppe Campari.
Tornato su Bugatti, stavolta una Tipo 51, Varzi si afferma al Gran Premio di Tunisi, al Circuito di Montlhéry, al Circuito di Alessandria e alla Susa-Moncenisio. Successi che lo portano, nel 1934, alla scuderia Alfa Romeo diretta da Enzo Ferrari.
In quegli anni i duelli con l’amico Tazio danno vita a imprese spettacolari, dal famoso sorpasso a fari spenti della Mille Miglia del 1930 alla serie di sorpassi reciproci del Gran Premio di Monaco del 1933. Varzi conquista una visibilità internazionale che gli vale, nel 1935, l’ingaggio dai tedeschi dell’Auto Union.
Un rapporto che si rivelerà non particolarmente proficuo a causa di un’appendicite del campione, le cui cure gli causano uno stato di dipendenza e di intossicazione e lo costringono ad abbandonare il volante per diversi mesi.
Per Varzi si tratta di un periodo non facile, soprattutto dal punto di vista personale, che gli costa il rapporto coi tedeschi e lo riporta a correre per la patria. Firma infatti un nuovo contratto per Alfa Romeo, che se lo accaparra prima ancora che si sia ripreso del tutto.
Per vedere di nuovo Achille Varzi sul gradino più alto del podio bisognerà attendere la fine della Seconda guerra mondiale. Al circuito di Torino del 1946 Varzi torna a vincere dopo ben otto anni.
Il tragico epilogo arriva il 1° Luglio del 1948 al GP di Berna, dove corrono anche le due ruote. Una giornata nera per le corse: durante le prove moto perde la vita il campione Omobono Tenni, dopo qualche ora tocca a Varzi.
Sorpreso da una pioggia leggera mentre prova con la sua Alfa 158, perde aderenza su una curva in discesa, affrontata neanche troppo forte. L’auto slitta, lui corregge ma il mezzo lo tradisce ancora: quando è quasi fermo, si ribalta in un fosso. Sembra una cosa da poco, ma il pilota batte la testa e muore sul colpo.
E non è ancora finita: in gara muore anche lo Svizzero Christian Kautz, chiudendo una delle competizioni più tristi della storia dell’automobilismo. Da qui si imporrà l’uso del casco, all’epoca solo raccomandato, a tutti i piloti.
Un casco che, forse, avrebbe permesso al mondo di veder correre ancora il “prode” Achille, la cui carriera si arresta poco prima delle quaranta vittorie automobilistiche. Temerario, audace, determinato e velocissimo, tanto da tener testa al grande Tazio e batterlo, sia su due che su quattro ruote.