La OX99-11 V12 è un progetto visionario di auto sportiva realizzato da Yamaha in collaborazione con la sua consociata Ypsilon Technology e IAD, una società di consulenza ingegneristica inglese. Pensata per entrare in produzione nel 1994, chiuderà la sua avventura dopo soli tre esemplari.
Anche se associata principalmente a motociclette e strumenti musicali, Yamaha ha una lunga storia di collaborazioni in campo automobilistico, sia nella produzione in serie che nelle corse.
Nel 1989 diventa fornitrice di motori per la Formula 1 e la dirigenza decide di sfruttare quell’esperienza per costruire un’auto sportiva senza compromessi e tentare la strada della dream car stradale.
Dopo una prima falsa partenza con un partner tedesco, viene ingaggiata la britannica IAD, International Automotive Design. La quale, in poco meno di 12 mesi, presenta una prima versione dell’auto.
Il design è opera di Takuya Yura ed è originariamente concepito come monoposto, per evidenziare la grande quantità di tecnologia ereditata dalla F1.
Ma Yamaha, per creare un rimando al mondo delle moto, in cui è leader, richiede un secondo piccolo sedile, il che implica una revisione del design dell’abitacolo, che diventa una bolla simile ai prototipi di Gruppo C, apribile con una porta unica sul solo lato sinistro.
Il cockpit, la strumentazione e la leva del cambio sono orientati verso il pilota.
Dalle corse la OX99 eredita il telaio in fibra di carbonio, le sospensioni push-rod e il motore, offrendo sostanzialmente l’esperienza più vicina ad un’auto da Formula 1 che si possa provare sulle strade pubbliche, e lo fa ben prima che ci pensino McLaren con la F1 e Ferrari con la F50.
Il motore, aspirato, è i 12 cilindri a V di ben 70 gradi da 3,5 litri a 60 valvole che la Yamaha aveva fornito nella stagione precedente alla Brabham BT60Y guidata da Martin Brundle e dal team Zakspeed West.
Collocato posteriormente con funzione portante e raffreddato da un vistoso air scope, è opportunamente depotenziato a circa 400 cv, erogati però al folle regime di 10.000 giri. Abbinato a un cambio manuale a 6 rapporti, permette alla macchina di segnare 3,2 secondi sullo 0-100 e di toccare i 350 all’ora.
A complicare le cose ci si mettono i rapporti burrascosi tra la casa giapponese e IAD, che non trovano un punto d’incontro sul budget: complice la crisi economica del Giappone, si ipotizza un prezzo di vendita di oltre 800.000 dollari, per il quale Yamaha non crede di trovare un numero sufficiente di acquirenti.
Il progetto viene posticipato al 1994, per poi essere definitivamente cancellato dopo soli tre prototipi costruiti, tuttora esistenti: “K2 OXY” (colore rosso, telaio 001), “K3 OXY” (colore verde, muletto di prova, telaio 003) e “K1 OXY” (colore nero, presentazione alla stampa, telaio 007).