Con oltre un secolo di attività in campo automobilistico (proprio nel 2020 cade il 110° anniversario), e praticamente altrettanto in campo agonistico, Alfa Romeo è da sempre sinonimo di piacere di guida sportivo. Un valore cardine, quello della sportività e del comportamento dinamico, essenziale per la filosofia dell’azienda e applicato non solo ai modelli più tipicamente sportivi come coupé e spider, ma anche alle vetture dalla vocazione più familiare, come avverrà con Giulietta negli anni cinquanta e Giulia nei sessanta, due dei modelli più iconici e rappresentativi della casa del Biscione, dai quali deriveranno ampie famiglie di prodotto.
Ma Giulietta e Giulia forse non sarebbero mai nate se, qualche anno prima, a Milano non avessero avuto l’ardire di progettare e lanciare la 1900, la prima vera Alfa tutta nuova del dopoguerra. Una “piccola” ma brillante quattro cilindri, capace di non far rimpiangere le possenti ma ormai vetuste 6C e 8C degli anni trenta.
Il modello della svolta
Alla fine degli anni quaranta il progetto della 6C è vecchio di 25 anni e, seppur ancora elegante, la 2500 è un’auto anteguerra, col suo bagaglio stilistico fatto di fiancate ondulate, cofano motore rialzato e diviso in due e altri stilemi ormai demodé per le esigenze dei nuovi automobilisti del dopoguerra; un’auto costosa da produrre e da vendere, tecnicamente superata, indietro rispetto alle nuove tecnologie e alle nuove linee guida industriali che propongono carrozzerie con scocca integrata al telaio e, soprattutto, inadeguata alle nuove esigenze di mobilità, che richiedono mezzi più leggeri, economici e pensati per una motorizzazione finalmente di massa.
Nel 1950 debutta quindi la nuova Alfa Romeo 1900. Progettata sotto la supervisione di Orazio Satta Puliga, tecnologicamente raffinata, la nuova berlina rappresenta per Alfa Romeo il primo caso di downsizing, definizione moderna di un concetto a quanto pare già applicato ben 70 anni fa. Infatti il nuovo propulsore quattro cilindri sostituisce in blocco l’intera gamma 6C e 8C a favore di una soluzione fiscalmente più conveniente (all’epoca la tassazione teneva conto anche del numero dei cilindri), mantenendo alcune scelte tecniche strategiche come l’adozione della testata in lega leggera, dei due alberi a camme in testa e delle camere di scoppio emisferiche, principali artefici di potenze vicine ai cento cavalli già nella versione a un solo carburatore.
Il nuovo motore viene testato al banco al Portello per la prima volta a gennaio del 1950 in una versione di preserie con basamento in alluminio, mentre all’interno dello stesso stabilimento vengono anche definiti lo stile, la progettazione esecutiva dei lamierati, dell’intera meccanica e persino lo studio delle attrezzature produttive. Con la 1900 infatti, prodotta in oltre 17mila esemplari, l’Alfa Romeo compie il salto verso una dimensione realmente industriale.
La tecnica
La 1900 è un’auto dall’impostazione moderna non solo per la meccanica: le sospensioni anteriori, curate personalmente da Giuseppe Busso, progettista responsabile dei gruppi meccanici, sono a quadrilateri trasversali, molle ad elica e ammortizzatori telescopici, mentre le posteriori, inedite per l’epoca, sono a ponte rigido con coppia conica ipoide, molle elicoidali e ammortizzatori tubolari, collegate longitudinalmente al telaio tramite due puntoni di duralluminio con effetto antirollio, i cui effetti saranno testati dal celebre Consalvo Sanesi durante i primi test su strada nel mese di marzo.
Per il primo debutto in pubblico ci vuole il Salone di Torino, in maggio, ma le forme della nuova berlina, dalle fiancate massicce e dalla coda “gonfia”, vengono ritenute troppo somiglianti a quelle della nuova Fiat 1400. Il lancio del modello definitivo viene quindi rimandato al 2 ottobre quando, presso l’Hotel Principe di Savoia a Milano, avviene la presentazione ufficiale alla stampa, seguita nello stesso mese dalla prima esposizione pubblica al Salone di Parigi.
È fatta: il mondo dell’automobilismo ha una nuova protagonista. Un modello nuovo, inedito, che lancia un concetto di automobilismo altrettanto nuovo, quello della berlina sportiva, “l’auto da famiglia che vince le corse”; concetto che, ancora oggi, si dimostra universalmente valido e apprezzato. Dopo la 1900 infatti, niente sarà più come prima: una berlina comoda e spaziosa ma anche brillante, divertente, mossa da un propulsore pieno, sonoro, reattivo. Su strada i numeri non sono elevatissimi in termini assoluti, ma le sensazioni sono intense e invogliano a pestare sul gas, grazie anche a una frenata e una stabilità all’avanguardia per i primi anni cinquanta. Non siamo ai livelli proverbiali della Giulia, ma il cuore sportivo Alfa Romeo già palpita vigoroso.
La 1900 in versione berlina viene costruita in ben 17.334 esemplari, la maggior parte dei quali in allestimento “Super” (8.282 unità) seguito dalla prima serie (7.611 unità) e dalle versioni più sportive “TI” e “TI Super” (1.050 esemplari). A questi vanno aggiunti 300 esemplari nella leziosa versione “Primavera” a due porte realizzata con la collaborazione della Carrozzeria Boano, poco meno di un centinaio di autotelai ministeriali, principalmente carrozzati da Colli e da Francis Lombardi, e da un discreto numero di fuoriserie realizzati dai migliori carrozzieri dell’epoca.
Le fuoriserie
Nel 1951 viene lanciata la prima versione coupé, denominata “Sprint” e realizzata dalla carrozzeria Touring, dotata di un motore potenziato che, dall’anno seguente, va ad equipaggiare anche la versione berlina TI (Turismo Internazionale) dedicata ai clienti sportivi che partecipano alle corse. In questa versione il propulsore eroga 100 cv tondi a 5500 giri/min, grazie alla fasatura specifica e al carburatore doppio corpo; nel 1954 l’alesaggio viene aumentato di 2 mm, portando la cilindrata da 1.884 a 1.975 cc. Col motore portato alle soglie dei 2 litri la 1900 diventa “Super”, e la nuova gamma si articola in Super, che sostituisce la berlina normale, Super TI in versione potenziata e Super Sprint la coupé (abbreviato in CSS), quest’ultima dotata cambio a cinque rapporti e di due carburatori doppio corpo per una potenza massima di ben 115 cavalli. Le versioni costruite da Touring (coupé) e Pininfarina (cabriolet) vengono proposte direttamente dalla rete dei Concessionari Alfa Romeo, ma su telaio e meccanica 1900 si cimentano tanti altri, da Bertone a Boano, a Ghia, a Vignale, a Zagato.
Una delle interpretazioni più belle di sempre resta la C52, meglio conosciuta come Disco Volante, realizzata in soli quattro esemplari (un coupé e tre spider) con la collaborazione ancora di Touring sullo schema della 1900 C. L’avveniristica linea “biconvessa”, a cui si deve il celebre soprannome, risulta all’epoca talmente originale ed aerodinamica che l’Alfa Romeo ne deposita il brevetto come “modello ornamentale”. Grazie alla sua linea particolare e alla popolarità dovuta ai successi alla Mille Miglia, la 1900 C52 diventa famosissima in breve tempo, tanto che nel giro di qualche settimana gli uffici del Portello si trovano inondati di decine di prenotazioni ,molte delle quali a nome di personaggi celebri: dall’astronauta Charles Conrad all’attore Tyrone Power, al presentatore Mike Bongiorno. Ciononostante, non ne verrà mai deliberata (purtroppo) la produzione in serie.
Destinati ad un impiego prettamente agonistico e derivati alla lontana dalle versioni spider sono invece i circa dieci esemplari di 6C3000CM, equipaggiati col ben più performante 6 cilindri 3,5 da 250 CV. Grazie al peso complessivo di soli 760 kg, toccano i 230 km/h, permettendo a piloti come Juan Manuel Fangio di classificarsi 2° assoluto alla Mille Miglia del 1953 (su coupé) e di vincere il G.P. Supercortemaggiore dello stesso anno (su spider).
Pipistrelli e pantere
Sul telaio della Alfa Romeo 1900 vengono infine sviluppate le celeberrime Alfa Romeo BAT, avveniristici prototipi sperimentali commissionati a Nuccio Bertone per effettuare ricerche relative agli “effetti di trascinamento” su un veicolo. All’epoca a capo del design della Carrozzeria Bertone c’è un autentico maestro, Franco Scaglione, che assume personalmente l’incarico di disegnare le vetture; il compito, arduo, prevede il disegno e la progettazione di veicoli con il più basso coefficiente di resistenza aerodinamica possibile; da qui il nome del progetto, riassunto nell’acronimo BAT, che sta per “Berlinetta Aerodinamica Tecnica” ma che in inglese significa anche pipistrello. E chi, guardando una BAT, non pensa immediatamente ad una Bat…mobile?
La 1900 non si fa mancare neanche un impiego nelle forze dell’ordine: sono circa 400 le vetture appositamente allestite per la Polizia di Stato, dotate di blindatura al motore, parabrezza antisfondamento in due pezzi, tettuccio apribile posteriore per l’utilizzo di armi da fuoco in posizione eretta, faro esterno brandeggiabile e speciali protezioni agli pneumatici anteriori antiforatura, realizzate con una “tendina” di catenelle metalliche. Sulle Alfa Romeo 1900 della Polizia debuttano poi i primi apparati radio riceventi, in contatto costante con le varie Centrali d’appartenenza, alimentati grazie a una dinamo da 300 W al posto di quella di serie da 200 W.
La produzione della 1900 cessa nel 1959; oltre 17.000 esemplari sono un’enormità rispetto al passato, e danno la dimensione del lascito del modello alla storia della casa del Biscione. Un modello che, giunto al suo settantesimo compleanno, fa ancora parlare di sé.
Verrà sostituito dalla nuova berlina “2000”, molto più simile alla Giulia che non alla sua progenitrice. Ma questa è un’altra storia.
Michele Di Mauro