Ci sono piloti che nel mondo dell’automobile sono poco noti al grande pubblico. Piloti armati di passione e di mezzi che negli anni passati hanno calcato gli autodromi e le strade, normalmente inclusi in quella categoria che gli inglesi chiamano “gentleman”, ovvero piloti non professionisti.
Piloti che specie nel dopoguerra quando il benessere ritornò con prepotenza alla ribalta, si potevano permettere di acquistare un’automobile e dare sfogo alla propria passione. Tra i tanti vogliamo ricordare Riccardo Di Bona, grande appassionato e collezionista, scomparso nel 2011
Persona vulcanica ed attiva, mai domo, Riccardo Di Bona contrappone una modestia e riservatezza assoluta. Nella sua vita ha incontrato personaggi mitici da Enzo Ferrari a Tazio Nuvolari, ma tutto viene “aggirato” con la frase: “sono fatti personali e nulla più”.
Un vero signore. Attento e ricco di aneddoti, la sua storia ci porta indietro nel tempo, facendoci apprezzare maggiormente un periodo in cui la testa, le mani e le gambe del pilota erano determinanti.
A Riccardo Di Bona si poteva chiedere di tutto ma non la sua data di nascita, perché in questo caso rispondeva sempre: “ho trent’anni compiuti”. Discorso chiuso.
La famiglia di Di Bona è di origine istriana, benestante e culturalmente elevata. Molto presto i Di Bona sono costretti a lasciare la nativa Fiume e trasferirsi a Milano, dove il giovane Riccardo frequenta il liceo Berchet e l’Istituto Carlo Cattaneo. Di carattere gioviale ed aperto, Riccardo Di Bona è sempre stato un personaggio pieno d’entusiasmo e di dinamismo, ma anche una buona forchetta ed ottimo intrattenitore.
La sua carriera come pilota inizia nel 1948 quando, coinvolto nella generale euforia del primo dopo guerra, noleggia una Fiat 1100 B Cabriolet e si iscrive alla corsa in salita Como-Lieto Colle arrivando fra i primi. Verso la fine degli anni quaranta, partecipa ad un corso per allievi piloti, classificandosi secondo assoluto con una Cisitalia monoposto. Fra i suoi istruttori ci sono piloti come Achille Varzi, Abete Clerici e Gian Battista Guidotti, il famoso “secondo” di Tazio Nuvolari.
Nel 1950, con il numero di gara 135 ed in coppia con Achille Pinto, è al via della corsa per antonomasia, la Mille Miglia.Con una Fiat 1100 lotta con i primi nella propria classe e dopo 17 ore, 37 minuti e 20 secondi, taglia il traguardo in settantaduesima posizione. Nello stesso anno con una Stanguellini 1100 Berlinetta carrozzata da Bertone, partecipa sia al giro di Sicilia che al quello di Toscana, giungendo secondo di classe in entrambe le prove. In seguito vince per due anni la classe alla Varese-Campo dei Fiori, dimostrando una grande versatilità e disinvoltura sia nelle gare a lunga durata, sia nelle corse in salita, indipendentemente dal mezzo con cui gareggia.
Nel 1951 è protagonista di un acerrimo duello alla Lecco-Ballabio con Giulio Cabianca, suo abituale rivale nella classe 1100 sport. Al termine della salita deve accontentarsi del secondo posto assoluto, precedendo però vetture più potenti come la Ferrari di Franco Cornacchia e le Lancia Aurelia ufficiali di Giovanni Bracco e “Ippocampo”.
E’ la conferma della sua bravura.
All’inizio del 1952, durante una sessione di prove a Modena, dove si era trasferito diventando collaudatore e pilota ufficiale della Stanguellini, ha un fortunato incontro con un anziano signore che risponde al nome di Tazio Nuvolari. Di questo incontro, resta un anello ricevuto dal più grande di tutti i piloti con l’incisione di una tartaruga e poche parole che rimarranno scolpite per sempre nell’animo del giovane Riccardo: “questo ti porterà fortuna come ne ha portata a me, ricordati che quando meno te lo aspetti la macchina ti da la zampata”.
L’incontro con Vittorio Stanguellini lo porta a partecipare nuovamente alla Mille Miglia, ma come pilota ufficiale, su di una Stanguellini Sport bialbero 1100. Quell’edizione del 1952, ricordata come la corsa dei mille piloti con 501 vetture al via, è per Riccardo Di Bona, in copia con l’esperto Noseda, una gara dal sapore amaro.
Mentre sta lottando con Giulio Cabianca e la sua Osca MT4 per il primato della classe, nei pressi di Pontelagoscuro, è protagonista di un grave incidente che lo costringe a mesi di degenza in ospedale e a lunghe cure di riabilitazione.
Ritornato in perfetta forma, nel 1953 si allena intensamente con l’americano Tom Cole su di una Ferrari 340 MM Spider Vignale, per partecipare alla Mille Miglia di quell’anno.
Ha finalmente l’opportunità di correre ai massimi livelli e con vetture potenti e fascinose. Ma come accade a molti bravi piloti, non riesce a superare quel filo psicologico che si pone come spartiacque fra l’accettare il rischio della morte come parte del quotidiano ed il non rischiare oltre il senso della vita.
A questo punto con una decisione sofferta ma convinta, dice “no grazie” ed abbandona le gare.
Lasciata Modena alla fine del 1954, dopo quasi dieci anni di inattività, la passione della velocità riprende il sopravvento sull’uomo, riportandolo sui campi di gara nel 1962.
Gareggia con vetture Alfa Romeo e nel 1963 è di nuovo nel pieno delle corse che lo portano alla vittoria nel Campionato Italiano Turismo, classe 1300, con la Giulietta TI. Suoi antagonisti in quella stagione, sono Gian Carlo Galimberti ed Aldo Nicosia. Alla fine, dopo un accesa battaglia, è Riccardo Di Bona a spuntarla, grazie ai risultati ottenuti alla Coppa Gallega, Trieste-Opicina, Coppa Carri, Bobbio-Penice, Coppa della Consuma e Coppa Asiago. Negli anni successivi viene ingaggiato dal Jolly Club di Mario Angiolini.
Per qualche gara è anche pilota ufficiale dell’Autodelta, capeggiata dal sanguigno toscano ing. Carlo Chiti. In quegli anni corre al fianco di piloti come Gian Carlo Baghetti e Teodoro Zeccoli in uno squadrone che annovera anche Gino Munaron, Andrea de Adamich e Roberto Bussinello.
Guida vetture famose come la Giulia, ma sopratutto la mitica GTA. (è proprio Di Bona in coppia con Zeccoli a portare in gara al Mugello il primo prototipo).
Per lunghi anni corre su tutti i circuiti d’Europa, da Brands Hatch al Nurburgring, da Zolder a Snetterton senza tralasciare Monza. Imola, Vallelunga, Pergusa ed il Mugello. Non disdegna le gare in salita, dove è sempre fra i protagonisti. L’addio alla corse di velocità avviene nel 1965 al Rally dei Jolly Hotels (famosa manifestazione che attraversava l’Italia da Palermo a Trieste) con l’Alfa Romeo GTA ufficiale, al fianco del compianto Gian Carlo Baghetti. L’automobile è stata la sua passione fino alla fine, partecipando negli ultimi anni a molte gare di regolarità con le sue amate auto storiche in compagnia della moglie Nella e contagiando con questa passione anche figlia Cristina, oggi al via in diverse gare d’epoca.
Riccardo Di Bona è stato un pilota molto determinato, sempre alla ricerca del risultato e dotato di una tecnica di guida da grande campione, ma anche attento al limite tecnico del proprio mezzo in anni in cui la “morte” era sempre presente alle gare.
Fulvio Negrini