Quando, all’inizio del secolo scorso nacque la Targa Florio e successivamente la Mille Miglia, gli scopi dei loro ideatori, oltre al fatto sportivo in sé, era portare sulle strade d’Italia macchine che potessero resistere a lunghe distanze con l’intento di propagandare il più possibile questo mezzo di locomozione.
Percorrere mille miglia attraverso mezza Italia, permise di ampliare la rete stradale, di costruire nuove macchine e di accorciare le distanze tra le genti. Queste grandi competizioni, rafforzate in Europa dal Rallye di Montecarlo dalla Coppa delle Alpi, Liegi-Roma-Liegi, Tour di France o Liegi-Sofia-Liegi, divennero grandi eventi strettamente sportivi, ma la base di tutto era sempre costituita dal percorrere migliaia di chilometri su ogni tipo di strada. Anche in Sud America si tenevano contemporaneamente competizioni massacranti ed interminabili: le Carreteras. Il Gran Premio Carretera del Norte, il Gran Premio del Sur, il Gran Premio Getulio Vargas e la Carretera de l’America del Sur. Da queste gare emerse su tutti un grande campione, Juan Manuel Fangio. In quel periodo il Messico intendeva attirare l’attenzione mondiale su di un opera gigantesca che i messicani avevano appena portato a termine: la loro parte della strada Panamericana.
Le origini di questa enorme opera, che avrebbe permesso di percorrere in automobile tutto il continente americano, dalla Terra del Fuoco all’Alaska, risalgono al 1924. I lavori iniziarono nel 1935 fra mille difficoltà e nel 1950 il Messico fu il primo paese dell’America Latina ad ultimare il proprio tratto. Per inaugurare tale opera si pensò ad una gara a tappe lungo la strada Panamericana; da nord a sud, attraverso tutto il paese. Il Presidente messicano Aléman appoggiò subito l’idea e così nacque la Carrera Panamericana Mexico. La sede di partenza fu stabilita a Ciuadas Juarez, al confine con gli Stati Uniti per terminare dopo 3.436 chilometri a El Ocotal al confine con il Guatemala. Il percorso fu suddiviso in nove tappe. Negli anni successivi la gara subì diverse modifiche, pur non mutando mai le sue caratteristiche. La Carrera Panamericana o Carrera Messicana, si corse in sole cinque edizioni, dal 1950 al 1954. Anche se non ha potuto crearsi una lunga tradizione come la Mille Miglia o altre gare europee, bastarono queste poche edizioni, per collocare la Carrera, tra le manifestazioni più prestigiose della storia dell’automobile.
Alla prima edizione il parco vetture era composto prevalentemente da grosse berline americane e da equipaggi del nuovo continente. Poche erano le case europee iscritte, fra queste spiccava l’Alfa Romeo che schierò al via le ingombranti ed ormai superate 6 C 2500 cc., affidate a due specialisti delle corse su strada come Piero Taruffi e Felice Bonetto. La tipologia della corsa ed il paese organizzatore, indussero la maggioranza dei costruttori europei a disertare la prima edizione, convinti che si trattasse di una gara su enormi strade, lunghi rettilinei, poche difficoltà tecniche e quindi grosse potenze, vetture comode e spaziose, decisamente lontane dal concetto delle grandi classiche del vecchio continente.
Pur confermando in parte questa teoria, con la vittoria degli americani McGriff – Elliot su Oldsmobile Road Coupè, la Carrera Panamericana si dimostrò una gara ad alto livello con enormi difficoltà. L’Alfa Romeo si comportò benissimo, con il quarto posto di Taruffi e l’ottavo di Felice Bonetto. L’impressione riscontrata dagli europei fu talmente grande che in vista della seconda edizione del 1951, si mossero sia le grandi case che i grossi nomi dell’automobilismo.
Era nata una nuova sfida. Ma la Carrera portò anche diverse novità; per la prima volta i piloti europei “scoprirono” i roll-bar, protezioni in ferro che poste all’interno delle grosse vetture americane evitavano, in caso di cappottamento, lo schiacciamento del tetto. Altra novità importante fu l’avvento delle scritte pubblicitarie. Infatti tutte le vetture recarono dipinte sulla carrozzeria scritte di ditte, luoghi di provenienza, marche di carburanti che sarebbero divenute, nel corso degli anni, la linfa vitale di questo sport.
Altra curiosità fu quella di consegnare ad ogni equipaggio, delle targhe di circolazione in lamiera, in sostituzione delle originali di ogni vettura, recante il numero di gara e la denominazione della corsa. La seconda edizione visse sul duello fra Taruffi in coppia con Luigi Chinetti, importatore americano della Ferrari e la coppia Ascari –Villoresi. Le vetture, gemelle, erano le Ferrari 212 Vignale. Pur vincendo quattro tappe su otto contro una vinta da Piero Taruffi, fu quest’ultimo ad aggiudicarsi la seconda edizione della Carrera Panamericana alla media di 141 km/ora. Ormai la corsa era diventata terra di conquista delle potenti ma maneggevoli vetture sport europee; le mastodontiche berline americane ormai correvano in una categoria separata ed erano escluse dalla possibilità di un successo. La terza edizione, quella del 1952, fu vinta dalla Mercedes che schierò le 300 SL ali di gabbiano ancora allo stato di prototipo con un enorme spiegamento di forze. Alla guida delle vetture tedesche furono chiamati due grandi nomi della formula uno, Kling e Lang. Curiosa novità di queste vetture era che non avevano le portiere ed i piloti entravano dai finestrini laterali.
La vittoria andò alla 300 SL di Karl Kling in coppia con il fido Hans Klenk alla media di oltre 165 km/orari. La Ferrari Mexico 340 Vignale di Luigi Chinetti occupò il terzo posto e la Lancia Aurelia Competizione di Umberto Maglioli, si aggiudicò brillantemente il quarto posto assoluto. Alla fine del 1953, Eugenio Castellotti, reduce da una stagione ricca di successi nella categoria sport, fu chiamato nella squadra Lancia per la trasferta in Messico. Per il ventitreenne pilota di Lodi si trattava di una grossa esperienza e certamente le sue doti e la sua caparbietà, lo fecero preferire ad altri piloti famosi. Dopo il campionato del mondo nato nel 1950, la FIA creò nel 1953 anche il mondiale marche per vetture sport e la Carrera Panamericana Mexico fu inserita come ultima gara della stagione.
Per la Carrera del 1953 la Lancia fece le cose in grande inviando in Messico ben 5 vetture sport, tre recentissime biposto del tipo D 24 e due ormai collaudate tipo D 23. Alla loro guida piloti del calibro di Felice Bonetto, ormai cinquantenne ma sempre validissimo e grande stradista, Piero Taruffi, Juan Manuel Fangio, Giovanni Bracco ed il giovanissimo talento Eugenio Castellotti. Le potenti e nuovissime D 24 da 250 cv, vennero affidate all’esperienza di Fangio, Taruffi e Bonetto, mentre le due D 23 da 230 cv, andarono a Giovannino Bracco ed a Eugenio Castellotti. Alle 6 del 19 novembre 1953, mentre il sole si era appena alzato sulla cittadina di Tuxla Gutierrez, partì il primo concorrente: era il pilota locale Marciel su di una grossa Chysler Special. Le vetture Lancia erano le favorite, non tanto per la loro potenza ma soprattutto per la grande agilità e tenuta di strada. Infatti nella prima tappa le vetture torinesi stabilirono i migliori tempi; Bonetto fu il primo assoluto seguito da Taruffi, Fangio e Castellotti. La seconda giornata di gara si sviluppò in due tappe, la prima di 407 km. da Oaxaca a Puebla, la seconda da Puebla a Città del Messico per 128 km.
La partenza fu data in ordine di classifica, pertanto tutti i piloti si trovarono ad inseguire il concorrente partito prima. Piero Taruffi, grandissimo stradista, riuscì ad imporre un ritmo indiavolato vincendo la tappa davanti a Bonetto e Fangio; Maglioli con la Ferrari fu quarto, Giovanni Bracco quinto. Castellotti, incappato in alcuni problemi meccanici, fu sesto precedendo la Ferrari di Mancini. Lasciata la capitale del paese, la terza giornata prevedeva altre due tappe, la prima fino a Leon per 420 km., la seconda fino a Durango per altri 530 km. Anche questa giornata visse sul duello Bonetto e Taruffi. Nella prima frazione, Taruffi rimase leggermente attardato a causa di una uscita di strada, permettendo a Bonetto di attaccare con decisione. Alle prime case di Silao, un piccolo centro agricolo a quaranta chilometri da Leon, la vettura di Felice Bonetto prese in piena velocità un “vados”, (piccolo canale di scolo che attraversava la sede stradale). La Lancia decollò letteralmente e venne catapultata contro una casa, uccidendo sul colpo il pilota. Uno dei più grandi protagonisti delle gare su strada ed il miglior esperto della Carrera Panamericana, scomparve.
Umberto Maglioli si aggiudicò la tappa mentre Castellotti terminò al quarto posto. La sesta tappa da Durango a Parral di 404 km. segnò ancora il successo di Umberto Maglioli con la Ferrari. La squadra Lancia pur completamente sotto shock chiuse con Taruffi, Fangio e Castellotti nell’ordine al secondo, terzo e quarto posto della classifica. La tappa numero sette, da Parral a Chihuahua di 300 km., fu vinta ancora da Umberto Maglioli con la potentissima Ferrari 375 MM che stabilì anche la media record di 205 km/ora, appartenuta nell’edizione precedente a Kling su Mercedes. Alle spalle dello scatenato Maglioli, ormai definito dalla stampa locale “el suicida del volante”, giunse Eugenio Castellotti che, fino a quando perse il cofano motore della sua Lancia D 23, aveva contrastato per lungo tempo la marcia del pilota Ferrari. Alle spalle di Castellotti giunse l’argentino Juan Manuel Fangio con un ritardo di 2’21”, quindi Piero Taruffi seguito nell’ordine dalla Talbot di Rosier, dalle Ferrari di Echevarria e Mancini.
Durante la notte i meccanici Lancia con lamiere di fortuna, ricostruirono il cofano motore della D 23 di Castellotti, che la mattina successiva ripartì. Era il 23 novembre 1953 e finalmente si giunse all’ultima giornata di questa massacrante e tragica Carrera Panamericana da Chihuahua a Ciudad Juarez di 358 km. Umberto Maglioli, alla guida della splendida Ferrari 375 MM, colse la quarta vittoria di tappa, ottenendo una media sbalorditiva di 222.591 km/ora. mai più raggiunta in una gara su strada. Per la Lancia fu un successo incredibile; Juan Manuel Fangio fu il vincitore assoluto, Piero Taruffi occupò la seconda piazza ed Eugenio Castellotti, con una vettura meno potente e tutta rabberciata, si classificò al terzo posto. Fangio riuscì ad aggiudicarsi la vittoria finale ad una media oraria di 169,221km., senza aver mai vinto una tappa. La Carrera Panamericana Mexico visse la sua ultima stagione nel 1954 ed il dominatore fu il biellese Umberto Maglioli su Ferrari 375 Plus di quasi 5 litri di cilindrata che stabilì il nuovo record della corsa in oltre 173 km./ora davanti al compagno di squadra Hill. Con l’ultima edizione della Carrera, si concluse un capitolo affascinante ed esotico nella storia delle corse su strada.
Fulvio Negrini