Oggi ospitiamo con piacere, la storia di Antonio Viotto, della sua famiglia e delle Alfa Romeo, che l’hanno accompagnato in quegli anni di vita familiare, scanditi dalla presenza delle automobili, che come in tutte le famiglie, in quegli anni, rimangono ricordi indelebili, nella presenza familiare, come un membro stesso della famiglia, un “oggetto” sacro, compagno di momenti di vita.
Le Alfa di papà : la Giulietta e la Giulia
“Quell’anno papà passò all’Alfa Romeo con l’acquisto della Giulietta TI, seconda serie, appena modificata. (Ndr : TI significa : Turismo Internazionale).
La vettura si presentava con il motore potenziato, un nuovo cruscotto,il muso e la coda ridisegnati, ma anche i cambi di marcia più agevoli, restando però il comando al volante. In seguito fu proposto anche il cambio con comando a cloche sul pavimento.
Il classico motore bialbero Alfa a 4 cilindri, valvole in testa al sodio disposte a V e doppio asse a camme in testa , raggiungeva ora la potenza di ben 74 cavalli.
Le sospensioni anteriori erano a ruote indipendenti e le posteriori ad assale rigido, secondo lo schema Alfa a triangolo centrale e puntoni longitudinali.
Quali i pregi evidenziati dalla stampa dell’epoca ? Il motore brioso, il cambio totalmente sincronizzato, lo sterzo pronto, la frenata efficiente e progressiva : così rilevava “Quattroruote” nella rubrica “la prova su strada “. Papà ne elogiava soprattutto la tenuta di strada, anche se il rollio era piuttosto elevato , e la ripresa in accelerazione in quarta marcia, meglio però con l’uso del cambio . Anche la velocità in autostrada elevata per l’epoca.
Tuttavia, a ben vedere, la nostra Giulietta durante il periodo di rodaggio mostrava qualche tentennamento in accelerazione, che poi scomparve dopo il secondo tagliando.
(N.d.r. : in quegli anni, la fase di rodaggio prescriveva tre tagliandi entro i primi 3.000 chilometri: il primo entro i 500, il secondo ai 1.500 e l’ultimo ai fatidici 3.000).
Memorabili i viaggi con papà. Da Genova a Milano sulla camionale, in poco più di un’ora e un quarto, approfittando della superiore tenuta di strada della Giulietta, che si evidenziava soprattutto nel tratto fino ad Arquata Scrivia, quello più sinuoso e tormentato . Dopo, da Tortona fino a Milano, la strada era più dritta e poche le curve.
E i viaggi in Toscana, a Montecatini Terme in provincia di Pistoia, passando dall’Aurelia al Passo del Bracco sopra Riva Trigoso, poi giù verso la dolce Versilia, proseguendo infine sulla Firenze mare fino alle rinomate Terme che ci aspettavano ansiose. La Giulietta ubbidiva come di consueto , sempre docile e silenziosa , ma a volte , da brava monella, insisteva troppo con il rollio , che in curva intimoriva un poco. Papà diceva : “ basta insistere e tutto procede poi come si deve”. Brava Giulietta !
Papà a volte mi permetteva di guidarla.
Appena possibile, scappavo ogni volta a Castelletto oppure in Corso Firenze girando e rigirando tutt’attorno : una, due, più volte, nella segreta speranza di rivederla.
Quella mattina sulla via del ritorno, mi trovai davanti una Fiat Seicento, all’improvviso, che dal parcheggio stava immettendosi in strada, al termine di Corso Carbonara. Stupidamente, invece di frenare subito con violenza, sterzai tutto a sinistra cercando di evitarla. Quando si dice l’inesperienza! Troppo tardi : mi urtò il parafango anteriore destro, all’altezza della ruota e mi sbalzò al lato opposto. Qui tamponai le tre o quattro vetture parcheggiate, non ricordo bene. La Giulietta incidentata da ambo i lati, avrebbe ripreso a correre ? Questo pensiero mi tormentava. Aspettai sul posto il carro attrezzi e i Vigili Urbani per le rilevazioni di rito. Arrivarono anche Lilly, mia sorella, e papà, e vedendomi immobile vicino all’auto, forse presagirono il peggio. Ma tutto sommato non mi feci male , salvo alcune escoriazioni alla fronte.
Molte le domande che immediatamente si susseguirono una dopo l’altra : perché era accaduto ? Andavo troppo veloce ? E’ tutta colpa mia” pensai. Qual’é la verità ? Guardavo ma non vedevo, pensavo a lei! Ecco la verità. Mi tornò in mente il giorno dell’incontro un paio d’anni prima, in Piazza De Ferrari, davanti al Carlo Felice, ancora transennato per i danni di guerra. Lei arrivò di corsa, con il soprabito slacciato, come poi mi accorsi era solita fare. Alta, bruna, occhi neri profondi, dinoccolata, così mi apparve. Il modo di parlare cauto ma forbito, modi signorili. Ne rimasi affascinato. Pensai a come incuriosirla per poterla rivedere: scrissi un biglietto. “Scusami !!” Colpii nel segno. Colta da un non ben precisato senso di colpa, mi telefonò e ci rivedemmo.
E così pure molte altre volte. I luoghi ?? Le lunghe passeggiate in Corso Firenze, oppure Via Roma, la bellissima Piazza Corvetto, una delle più belle d’Italia, ma anche la salita Bertani, tutta all’ombra dei tigli dell’Università di Economia. E Piazza Fontane Marose , tanto cara ai genovesi, attorniata dai magnifici palazzi storici delle antiche famiglie nobili. Come pure le visite a casa, lei da noi e viceversa. Fu quella l’occasione in cui , tenendomi per mano, mi insegnò i passi della novità dell’anno. Un due tre , “cha cha cha” , un due tre “cha cha cha” suonava il disco di Don Barreto junior con il “cha cha della segretaria”, il tormentone di quell’estate.
L’illusione però finì presto , rammento ancora oggi le sue gelide parole. “Ma siamo solo amici, non c’é nient’altro”. Ne avremmo riparlato a Bardonecchia, dove tutti e due avevamo prenotato le vacanze estive, per pura combinazione. Però la realtà delle cose non mutò. La rivedi ancora ? L’anno dopo, o forse il successivo, una sera per caso, risalendo a piedi da Corso Firenze , mentre ritornava a casa, l’incontrai tutta sola. Parlammo del più e del meno e nel salutarmi disse :”Arrivederci”. Chissà se lo pensava davvero. L’altra volta a Castelletto, una mattina mentre in 500 stavo andando all’Università, la vidi fortuitamente alla fermata dell’autobus. Mi fermai subito, non so come mai. Salutandomi con un cenno, salì in auto.
Parlavo solo io , continuamente, raccontando i miei studi e i programmi più immediati. La lasciai a metà di Via Assarotti, ricordo ancora bene quei luoghi. Non la rividi mai più. Cosa avrà fatto in questi anni? Avrà poi realizzato i suoi desideri ? Ma non c’è risposta !
Qualche anno dopo papà sostituì la Giulietta con la più moderna Giulia, dallo stile più corsaiolo, caratterizzata dal muso corto e grintoso, dal cofano discendente verso lo scudetto triangolare il simbolo Alfa Romeo. Dietro la caratteristica coda tronca, mozzafiato, derivata dalle esperienze sportive dell’Autodelta, la sezione corse della casa.
Tale soluzione permise di ottenere un coefficiente di penetrazione migliore con effetti positivi sulla ripresa e sulla velocità di crociera.
Le novità ? Il cambio era a cinque marce con leva a cloche sul pavimento e i freni a disco, davanti e dietro. Ecco in sintesi le caratteristiche: motore bialbero a 4 cilindri in linea, 1570 cmc. valvole a V, potenza : 90 cavalli. Sospensioni anteriori a ruote indipendenti, bracci traversali e biella obliqua; posteriore ad assale rigido, bracci longitudinali .Trazione posteriore, cambio a 5 marce. Velocità max : Kmh. 168 .
Ma “Quattroruote” nella prova su strada rilevò invece 175 Kmh effettivi.
E l’anno dopo, il 1966, ancora a Montecatini Terme. Il viaggio con la Giulia 1600 ti verde, anch’essa docile ma più scattante e con poco rollio stavolta, rispetto alla Giulietta.
In più il rombo particolare e intramontabile del bialbero Alfa Romeo, che il gran motore emetteva ! Indimenticabile l’atmosfera dell’alfista anni ’60.
Ricordi poi il viaggio nell’entroterra genovese ? La sosta imprevista a Crocefieschi, dove si festeggiava il patrono locale con la processione dei crocifissi portati a braccio che si stava avvicinando. Se quel crocifisso cadesse su di noi, pensavo!
In quel preciso momento, ….bang, ecco il primo crocifisso scivolare dalle braccia del portatore e piombare sul parafango della povera Giulia.
Ti feci male ? Fortunatamente solo un graffio e riuscimmo poi a proseguire il viaggio.
Ricordo ancora il guardiano del garage sul lungomare Colombo a Varazze, quando di nascosto mi consegnava la Giulia e poi via sull’Aurelia, verso il mare. Tragitto : Albissola mare e ritorno, per un salto da Renza, la mia sorella più grande, procedendo comunque lentamente, piano piano.
Sui viali del lungomare ad ammirare le bellezze circostanti, ma anche a farmi ammirare, orgoglioso alla guida della ambita Giulia.
Sempre emozionatissimo, ma desideroso di provarla, ma con grande cura e attenzione, come fosse una reliquia religiosa.
Cara Giulia …..! Sei proprio la vettura per la famiglia che vince le corse, …….come recitava l’allora rinomato slogan Alfa Romeo .”
Grazie Antonio…per la passione!!!
ADRENALINE24H