Un’altra 1000 Miglia va in archivio. E che 1000 Miglia!
Già, perché è stata oggettivamente una grande edizione per tutti e, in particolare, per noi di Adrenaline24h. E vogliamo raccontarvela.
Per lo staff di Adrenaline24h l’emozione è doppia. O tripla, o forse anche più. Il nostro equipaggio, composto da Ermanno De Angelis e Nunzia Del Gaudio si è presentato al “Via” per il terzo anno consecutivo alla guida di una vettura appartenente alla collezione del Mauto, il Museo Nazionale dell’Automobile di Torino. Dopo due edizioni disputate sulla Cisitalia 202 SMM Nuvolari, quest’anno abbiamo portato in gara la vettura più anziana di tutte: una OM 469 Sport in esemplare unico del 1922, ferma da quasi 70 anni. Restaurata e rimessa in strada, ci ha portato al traguardo con una forza e una dignità incredibili. È stata dura, faticosa, impegnativa, ma ne abbiamo tutti già nostalgia. La OM è stata la coprotagonista di una grande impresa, che facciamo fatica a lasciar scorrere via. Con tutti i nostri ragazzi del team, siamo ancora a scriverci sul gruppo whatsapp per prolungare al massimo l’esperienza, come a dire a noi stessi che non è ancora terminata, gustiamoci ancora per qualche ora quel turbinio di emozioni.
Ognuno rientra a casa propria col il cuore gonfio e gli occhi lucidi. “Tu dove sei? sei già a casa? Mi mandi quella foto che abbiamo scattato su al passo della Cisa? Sono queste e altre mille le domande a cui ci aggrappiamo per restare ancora il gruppo che eravamo fino a ieri sera.
Un gruppo di persone che ha reso possibile un progetto che agli occhi di molti era troppo ambizioso, troppo in alto. Ma il team è coriaceo e non si lascia facilmente abbattere. Ha lavorato giorno e notte, nei week end, d’estate e d’inverno e non ha mai ceduto. Mai una volta che abbia pensato: lasciamo stare, cambiamo piano. E siamo qui! Increduli di aver riportato una vettura del 1922 che era ferma in un angolo del Museo Nazionale dell’Automobile di Torino in attesa che qualcuno si accorgesse di lei e, come in ogni favola che si rispetti, arrivasse il principe azzurro capace di risvegliarla dopo un sonno lungo 70 anni, quando la OM ne fece dono al Museo. Quel principe azzurro si chiama Ermanno, e si è innamorato a prima vista di quella carrozzeria in alluminio un po’ ossidata, con i segni del tempo.
Ma l’amore, si sa, guarda oltre, e vede ciò che gli altri non vedono. Quel principe ha visto subito, sotto la coltre di ossido, la bellezza di quella vettura, la sua unicità. La bellezza spartana delle auto da corsa di quegli anni, quando degli eroi impavidi e incoscienti sfidavano la vita con le corse su strada, a volte vincendo, a volte perdendo la vita. Una bellezza poco appariscente, perché priva di orpelli e confort, ma ricca di emozioni.
Ermanno ha visto la macchina e ne è rimasto folgorato. Ne ha percepito il desiderio di tornare a correre, di rivedere la natia Brescia.
Un colpo di fulmine che ha innescato un nuovo, incredibile progetto con il Museo Nazionale dell’Automobile di Torino, sostenuto con forza dalla direttrice Mariella Mengozzi, tanto lungimirante e attenta da intravedere sin da lontano le potenzialità di un’operazione dalla portata comunicativa così viva: portiamo il Museo tra la gente! Facciamo vedere loro le auto in strada! Quando abbiamo lanciato la proposta a lei e al Presidente Camerana, ci siamo lanciati in qualcosa che forse neanche noi avevamo pesato fino in fondo.
Eppure nessuno dei due ha esitato. E oggi, per il terzo anno consecutivo siamo qui a raccontarlo, dopo una settimana passata a correre, sì, ma anche a rispondere alle domande dei curiosi: “Che macchina è quella? Di che anno? Quanti cavalli ha? Ma davvero ci avete fatto tutta la Mille Miglia?
Sì, lo abbiamo fatto davvero. Grazie al colpo di fulmine di un paio di anni fa, la bella addormentata si è risvegliata, grazie all’imponente restauro conservativo filologico intrapreso da Bontà Classic Garage, sotto l’occhio attento di Davide Lorenzone, conservatore del Mauto. Più di un anno di lavoro per rimettere ogni bullone, ogni ingranaggio, ogni singola vite al posto giusto.
Il collaudo poi… un capitolo a parte. Mesi e mesi di prove su strada, chilometri macinati in ogni condizione fino a quando Ermanno ha dato l’ok: siamo pronti, si può partire, siamo in grado di affrontare la Mille Miglia!
Ed eccoci a Brescia: lunedì le verifiche, inizia l’attesa, anche la OM sembra più bella del solito, quasi avesse voluto prepararsi per l’evento. Ma fino alla passerella di Viale Venezia il cuore continua a battere all’impazzata, pregando qualunque dio affinché tutto andasse bene. Sono pezzi di ferro, in fondo. Può succedere qualunque cosa in ogni momento. Poi lo start. Il sole, il caldo, il motore che borbotta, l’odore dello scarico di un motore concepito oltre un secolo fa, grazie al quale ci lasciamo alle spalle tutto: la Cisa, la Futa, la Radicosa, le preoccupazioni, lo stress, i cattivi pensieri. Quattro giorni col cuore in gola e 2 ore di sonno a notte che, nel momento in cui consegniamo la tabella di marcia, ci rendiamo conto siano volati. È finita? Veramente? Davvero ce l’abbiamo fatta? E lì abbiamo pianto! Di gioia, di emozione, di fatica, di felicità!
L’immagine dell’arrivo all’ultimo controllo orario a Brescia, con Gianluca Bontà che ci corre incontro, Marco, Gaia, sono lacrime per tutti. La Direttrice Mariella Mengozzi, dopo averci atteso in mattinata a Salò, attendeva al telefono un nostro segnale. “Pronto, Mariella… ce l’abbiamo fatta”.
Sì, ce l’abbiamo fatta, un grande progetto è stato portato a termine. Ci siamo abbracciati. Abbiamo vinto. perché questa è la nostra vittoria. Non quella dei punti, ma quella della sfida e della passione, da condividere sempre e comunque. Come abbiamo fatto lungo l’intero percorso col pubblico ma anche con molti degli equipaggi in corsa che in qualche modo hanno condiviso con noi questa grande impresa, sostenendoci, interessandosi, sorridendoci e salutandoci ad ogni controllo orario, tutti contagiati in un modo o nell’altro dall’impresa di questa piccola grande vetturetta. La Mille Miglia è anche questo, automobili, uomini, passione, sfida. Le lacrime? Un vanto, siamo uomini anche per questo.