Torino, 1946. Tazio Nuvolari non è più il campione imbattibile di una volta, non vince più come un tempo.
Ormai ha 54 anni ed è fiaccato dalla guerra, dalla malattia, dalla perdita di due figli, il secondo dei quali, il diciottenne Alberto, muore nella primavera di quell’anno.
Ma, da grande personalità e pilota qual è, non smette di far parlare di sé. Anche quando non vince, come succederà alle Mille Miglia dei due anni successivi.
Ma torniamo al 1946: è il 3 settembre e a Torino si corre la Coppa Brezzi. Al primo giro Tazio è in testa, e fin qui niente di troppo insolito.
Al secondo giro, invece, transita sulla linea del traguardo con una mano al cielo, agitando vistosamente… il volante della sua Cisitalia D46, che è venuto via dal piantone e gli è rimasto in mano.
Ma Nuvolari non è diventato “Il Mantovano Volante” perché abituato ad arrendersi, anzi. Tira dritto per un altro giro governando la monoposto tenendo direttamente con le mani le staffe dello sterzo.
Al giro successivo si ferma al box e lo fa sistemare. Riparte, ma la fortuna continua a voltargli le spalle: è costretto a fermarsi ancora per altri guasti, salvo ripartire ancora con il cofano aperto.
Chiude la gara in tredicesima posizione. Un piazzamento nelle retrovie che, come spesso capita nella vita del campione, gli varrà una popolarità superiore a quella del vincitore. Al punto che, tra gli innumerevoli appellativi, ci sarà anche quello di Nuvolari “campione che vince anche senza volante”.