L’Alfa Romeo è probabilmente il marchio automobilistico che, tra tutti, scatena le tifoserie più accanite. Per la storia sportiva, certo, ma anche per la produzione di serie, dove alcuni modelli sono – giustamente – venerati, mentre altri sono, spesso e volentieri ingiustamente, denigrati.
Alla metà degli anni sessanta il presidente dell’Alfa Romeo Giuseppe Luraghi, sfruttando i fondi destinati all’industrializzazione del Sud Italia, delibera la costruzione di un nuovo stabilimento a Pomigliano d’Arco, in provincia di Napoli. L’impianto sarà dedicato alla produzione di un modello completamente nuovo, progettato però da una vecchia conoscenza, l’ing. Rudolf Hruska.
Nel 1967 iniziano in contemporanea i lavori di progettazione sia dello stabilimento che della vettura, entrambi diretti da Hruska. Solo lo stile della macchina viene gestito esternamente, dalla torinese SIRP di Giorgetto Giugiaro e Aldo Mantovani. Quella che poi diventerà l’Italdesign.
L’Alfasud viene presentata in anteprima nel 1971 al salone dell’automobile di Torino, per arrivare negli autosaloni l’anno successivo. È una dinamica berlina a quattro porte e due volumi “fastback” che porta al debutto, almeno in casa Alfa Romeo, diverse novità.
Prima Alfa a trazione anteriore e prima con motore 4 cilindri boxer, pur essendo una vettura relativamente popolare monta freni a disco su tutte le ruote, quelli anteriori in-board. Un modello di rottura, ma contraddistinto da prestazioni e tenuta di strada decisamente all’altezza del marchio e, soprattutto, molto al di sopra della media del segmento.
Le note carenze e le negligenze di produzione e assemblaggio, dovute essenzialmente al momento “caldo” dal punto di vista politico e sindacale, comprometteranno come sappiamo il successo del progetto. Ma qualità costruttiva a parte, l’Alfasud sarà apprezzata in Italia e all’estero, per la linea e per le doti stradali da segmento superiore.
Sarà prodotta in tre serie fino al 1994; negli anni conquisterà il portellone posteriore e darà vita anche ad alcune versioni derivate, come la giardinetta o la bella coupé Sprint. Diverse delle sue innovazioni le sopravviveranno a lungo, celate sotto le più moderne forme dell’Alfa 33, in listino fino al 1995.
Ma non solo. Nonostante le chiacchiere da bar su quanto l’Alfasud sia una vera Alfa o meno, alla milanese di Pomigliano va riconosciuto il merito di aver avvicinato al marchio tantissimi nuovi automobilisti.
Grazie al design indovinato e alle già citate doti stradali, abbinate a cilindrata (1186cc al debutto) e costi di gestioni contenuti. Una generazione di nuovi Alfisti, molti dei quali, tempo dopo, sostituiranno l’Alfasud con un’altra Alfa.
E poi, cosa che non guasta, oggi l’Alfasud vive una seconda giovinezza: la prima serie è rara, in versione Ti addirittura rarissima e per questo ricercata. Se avete l’opportunità di metterne in garage una a buon prezzo, fatelo.