L’Italia è tra i primi paesi a imporsi nel panorama automobilistico, sia per la produzione che per le competizioni. Basti pensare che la prima edizione della Targa Florio si corre in Sicilia già nel 1906. Sono anni di forte fermento sportivo, delle prime grandi corse, dei primi gran premi e Fiat, la grande industria automobilistica nazionale, non resta a guardare.
In questi anni nasce la FIAT S61 Corsa, vettura da competizione due posti derivata dall’omonima Gran Turismo a quattro posti, un autentico bolide. Rispetto al modello Torpedo vanta un motore potenziato a quattro cilindri in linea accoppiati per una cilindrata complessiva di 10.087 cc, enorme coi parametri di oggi ma usuale per l’epoca, date le basse potenze specifiche. La distribuzione, incredibilmente moderna, è ad albero a camme in testa, con 4 valvole per cilindro, soluzioni in uso e apprezzate ancora oggi!
Il cambio è a 4 marce, la trazione posteriore e la trasmissione finale è simile a quella di una moto, con un pignone, una catena e una corona per ciascuna ruota. Il telaio, alleggerito, è a longheroni e traverse è in acciaio, sul quale poggia la leggera carrozzeria in alluminio. Una belva difficile da domare, con il meccanico sempre a bordo per tenere in pressione il serbatoio della benzina.
Le prestazioni, ai limiti dello sbalorditivo per il periodo, vedono una potenza massima superiore ai 120 cavalli e una velocità massima prossima ai 160 km/h. Un valore strabiliante se si pensa allo stato dell’arte di freni (solo due tamburi al posteriore), sospensioni e pneumatici del primissimo novecento.
La FIAT S61 nasce con un occhio al mercato nordamericano, ed è lì che ottiene i successi migliori: terzo posto alla prima edizione della 500 Miglia di Indianapolis del 1911, condotta da Bruce-Brown a 117 all’ora di media, prima (con Ted Tetzlaff a oltre 127 di media) e seconda assoluta sul circuito di Santa Monica nel 1912 e ancora prima assoluta, con Caleb Bragg, al prestigioso Gran Premio d’America del 1912 a Milwaukee. Un autentico mostro, possente e minaccioso anche a più di un secolo di distanza. Un pezzo della nostra storia automobilistica che merita di essere ricordato.