Molte volte il destino dei luoghi viene cambiato da fatti che al momento non sembrano così importanti.
I tranquilli “manceaux”, abitanti di Le Mans, cattolici e conservatori che in quel maggio del 1923
attraversavano come sempre il fiume Sarthe per raggiungere la cattedrale di St. Julien presi nei loro quotidiano, certo non pensavano che quella corsa di automobili in programma per il 26 e 27 del mese delle rose, avrebbe dato una svolta alla loro comunità tanto da farli divenire, in poco tempo, abitanti di uno dei più famosi templi dell’automobilismo da corsa. Già nel 1921 si era corso su questo circuito il G.P. dell’Automobile Club di Francia e ancora più lontano, nel 1906, si corse quello che si può definire il primo Gran Premio della storia, ma il clamore si era presto assopito. Charles Faroux, Georges Durand ed Emile Coquille invece la pensavano diversamente per quel tracciato lungo 13 chilometri fatto di strade pubbliche dove veniva steso un manto di silicato di potassio per evitare grandi polveroni. Per loro e per l’Automobile Club dell’Ovest, il Circuito della Sarthe poteva essere la base di partenza per qualche cosa di veramente importante. Basandosi su di un regolamento difficile ed a volte anacronistico, puntando decisamente sulle vetture di serie e sulla lunga durata, diedero l’avvio all’epopea della 24 Ore di Le Mans. Correre e vincere a Le Mans divenne così un fatto tremendamente importante per ogni casa di automobilistica, piccola o grande che sia.
Dall’altra parte della Manica dove Brooklands era il tracciato principe, gli sguardi di molti sportivi cominciavano valutare Le Mans come una gara importante, una sfida lunga 24 ore che li affascinava. Questo clamore venne subito “afferrato” dalle Case inglesi che diedero avvio ad un vero e proprio assalto al forte di Le Mans, costruendo vetture di serie con apposite caratteristiche per la 24 ore, divenuta nel frattempo una competizione di alto livello. Bentley, Riley, Aston Martin, Lagonda, sbarcarono sempre in forze a Le Mans dove lo scontro con le rivali Alfa Romeo, Bugatti, Delahaye, Salmson, Lorraine era sempre acceso in quegli anni a cavallo fra le due guerre.
L’arrivo del novecento era coinciso con il proliferare di una miriade di piccole case automobilistiche pronte a cavalcare questo mezzo meccanico così rivoluzionario. Alcune ebbero un grande futuro, altre una rapida scomparsa. Aldilà della Manica le cose non erano diverse e molti decisero di intraprendere questa strada fra cui George Singer che dopo aver costruito cicli, nel 1901 iniziò la produzione di veicoli a motore. Nel 1905 prese avvio la costruzione di vetture utilizzando un motore su licenza Lea-Francis per passare l’anno successivo a motori White & Poppe montati su una convenzionale vettura 12/14HP. Nel 1912 la Singer ottiene il suo primo successo con la 10HP che montava un motore bicilindrico da 1096cc. costruito direttamente ad Alderson. Con questo modello nel 1913, la Singer stabilì a Brooklands il record sul giro alla velocità di 115,87 km/ora. Il primo conflitto mondiale concluse la parte pionieristica dell’automobile.
Gli anni venti arrivarono sulla scena con nuova linfa vitale e la Singer che, nel ‘19 aveva rilevato gli impianti della Premier, presentò una Ten ulteriormente migliorata, affiancandole una serie di piccole vetture da 1991cc. a 6 cilindri con valvole laterali. Nel 1925 la Ten divenne 10/26HP di 1308cc. l’anno dopo la Singer riscosse un nuovo successo con la Junior, una piccola vettura da 848cc dotata di quattro posti. Per fare fronte alle molte richieste, nel 1931 si aprì un novo stabilimento a Birmingham superando le 8.500 unità che portò la casa di Alderson, al terzo posto dopo Morris ed Austin, tra i costruttori inglesi. Il grosso successo della Junior rappresentò un caso isolato nella storia della Singer nel periodo 1930-36, letteralmente inflazionata da una serie innumerevoli di modelli che andavano e venivano con incredibile frequenza. Nel 1935 apparve anche una berlina aerodinamica ispirata alla Chrysler Airflow ed una versione sport. Di maggior successo furono le piccole sportive del 1934 dotate di un eccellente sei cilindri da 1493cc. che si aggiudicarono il settimo e l’ottavo posto a Le Mans.
Questo incoraggiante avvio fu stroncato dalla pessima figura al Tourist Trophy del 1935 dove era stata allestita una squadra ufficiale di tre Nine Sport con molti particolari in lega leggera. Nell’edizione del 1937 le cose migliorarono con un quarto e sesto posto oltre ad un sesto posto ottenuto alla 24 Ore del Belgio. Ma oramai le Nine non erano più competitive e la squadra corse Singer venne sciolta. L’ultima vera Singer Sport fu una quattro cilindri di 1500cc. che sostituì nel 1937 la sei cilindri. Mentre il mondo si avviava verso una nuova catastrofe, la politica aziendale troppo dispersiva, stava oramai portando la Singer verso la parabola discendente e nel dopoguerra solo nel 1948 presentò una novità: la berlina SM 1500 che però risultò poco attraente anche se modificata nel 1955. Il 1956, con la vendita al gruppo Rootes, segnò in pratica la fine della Singer che sopravvisse fino al 1970 presentando alcuni modelli del tutto simili alle Hillman come la Gazelle, la Vogue e la Chamois. La nuova gestione Chrysler nel 1970 decise di sospendere definitivamente la produzione.
Un passo in dietro e torniamo agli anni trenta per raccontare la storia di una vettura che uscì dalla fabbrica per intraprendere il lungo viaggio fino ai giorni nostri dove è approdata tra le amorose mani di un collezionista sanmarinese. Il nostro collezionista quando acquista questa Singer Le Mans, viene in possesso anche un carteggio tra Trevor J. Cornelius che ha trovato e restaurato la vettura e Ian Cornell, pilota gentleman degli anni trenta. In una lettera datata 1993 Cornelius, dopo diverse ricerche, approda al primo proprietario e la fortuna vuole che Ian Connell, classe 1913 sia ancora in vita e risponda con una lettera autografa confermando quanto Trevor J. Cornelius sperava: la Singer Le Mans targata AYM 957, telaio n. 62501, è proprio quella con cui vinse l’Alpine Trial nel 1934 e con cui corse, in coppia con Nevil Lloyd, la 24 Ore di Le Mans del 1935, ritirandosi per problemi meccanici. Ian Connell ricorda anche d’aver tenuto la vettura fino alla fine degli anni ’40 nel suo colore originale, con il motore da 972 cc. ed i carburatori Solex appositamente modificati. Per il nostro fortunato collezionista è certamente un valore aggiunto e per questa Singer Le Mans invece la consapevolezza d’aver avuto un destino diverso dalle consorelle facendola “vivere” attraverso tre quarti di secolo con la prospettiva, dopo essersi rifatta il trucco, di percorrere ancora tanta strada anche se non più in terra ma in un lungo nastro d’asfalto.
Ian Cornell …il suo pilota
Ian Ferguson Connell nasce il 18 ottobre 1913 a Singapore, studia all’Università di Cambridge e nel 1935 fonda la Monaco Motor e Engineering Co. Ltd a Watford per la vendita ed assistenza di auto. L’esordio nelle corse avviene nel 1934 alla Mountain Race di Brooklands con una Austin Ulster per passare poi alla nostra Singer Le Mans con cui vince la Coppa Glacier nell’International Alpine Trial nello stesso anno.
Nel 1935 sempre con la Singer corre la 24 Ore di Le Mans senza fortuna per passare poi ad una Vale Special dotata di un motore Coventry-Climax da 1.500 cc. conquistando alcuni successi a Brooklands ed a Donington. In quel periodo lavora alla University Motors facendo il dimostratore di MG e per questo riesce ad acquistare, ad un prezzo speciale, una MG R Type con cui partecipa al Donington Gran Prix. Nello stesso anno è anche pilota di riserva della squadra ufficiale MG al Tourist Trophy ed a Belfast.
L’anno successivo acquista un’Alfa Romeo Monza 2.600 cc. che guida prevalentemente nell’ Irish Race vincendo la classe al Leinster Tropy. Sempre nel 1936 è con l’Alfa anche al Donington Gran Prix dove si mette decisamente in mostra.
Per il 1937 Ian Connell compera una ERA R6B e corre il Grand Prix invernale di Svezia nel quale arriva secondo. In quel periodo partecipa a diverse gare a Brooklands e Donington mentre si piazza bene a Crystal Palace ed arriva secondo al Raymond Mays nel London Grand Prix.
L’anno dopo sempre con la stessa vettura gareggia in ben 17 corse ottenendo il record di pista nella Syston Speed Trias e numerosi piazzamenti tra cui l’ottavo posto al British Grand Prix di Donington vinto da Tazio Nuvolari.
Nel 1938 è co-pilota di Tom Lace con una Talbot Lago e con lui è ottavo al Tourist Trophy.
L’anno dopo acquista da Lace la vettura e corre a Brooklands e Donington vincendo molte gare, sia brevi che di durata. Nello stesso anno gli viene affidata una BRDC Gold Star per le gare in pista e partecipa assieme a Rob Walker alla 24 Ore di Le Mans con una Delahaye arrivando ottavo dopo alcuni problemi al collettore di scarico.
Dopo la guerra compra una ERA R5B con cui partecipa alla prima gara europea dopo il conflitto: il Grand Prix delle Nazioni a Ginevra dove manca la qualifica per un problema al selettore del cambio. In quel periodo fa parte della Commissione guidata da Earl Howe per la negoziazione con il Daily Express per correre l’Empire Trophy Race a Silverstone e per l’acquisizione da parte della Federazione Automobilistica stessa, della pista.
Nel 1947 si accorda con Raymond Sommer per guidare la sua Maserati 4 CLT ai Gran Premi di Rheims, Pau, Nizza ed Albi.
Problemi meccanici impediscono al pilota britannico di ottenere dei buoni risultati anche se con la ERA è
settimo al Gran Prix di Francia a Lione assieme a Sommer.
Nel 1948 viene invitato da Dudley Folland a correre la 24 Ore di Spa con la sua Aston Martin dove esce di strada sotto un vero e proprio diluvio mentre era al comando della gara ritirandosi. Poche settimane più tardi sempre con Folland e l’Aston Martin, arriva terzo a Montehery alla 12 Ore di Parigi che è anche l’ultima sua corsa.
Muore a Chippenham, Wiltshire il 1 marzo 2003.
Fulvio Negrini
ADRENALINE24H