Finisce il “68” (perdendo i connotati di studentesco) il 31 dicembre a Marina di Pietrasanta quando durante il veglione di fine anno alla “Bussola”, la contestazione si spegnerà definitivamente nello scontro a fuoco con la polizia.
Quell’anno non poteva terminare in modo diverso, con gli ultimi secondi dell’orologio scanditi dai “botti” dei candelotti lacrimogeni che segnarono la fine della “primavera abbagliante”. Ma il “68” lasciò lungo il suo cammino alcuni gruppi politicizzati che daranno vita a frange rivoluzionarie: nasce la nuova sinistra, nasce Potere Operaio, Gioventù Studentesca, Nuovo Impegno e altri gruppi che oltre a voler abbattere il sistema borghese e imperialista, criticheranno anche il revisionismo del PCI entrando perfino in lotta fra di loro.
Molti dei partecipanti di questa “avventura” rientreranno nel loro privato e nella loro quotidianità. Molti di questi giovani si butteranno verso altri settori, dimenticando la politica e magari costruendo qualche cosa nello sport. Se il “68” la protesta è la rivolta delle classi medio, nel ”69” la bandiera della contestazione passa nelle mani della classe operaia, di Potere Operaio che vuole tutto e subito; su di un foglio si scrive: “intervento di massa contro il padrone, contro il suo stato, contro il riformismo”. Ma forse studenti ed operai, cittadini e padroni in questo marasma politico, in questo ribollire di grossi cambiamenti, in questo spartiacque esistenziale ascoltano con medesimi intenti le canzoni di un nuovo idolo, Lucio Battisti. Già famoso come autore assieme a Mogol con grandi successi per Mina, Patty Pravo, Equipe 84, Bruno Lauzi, Dik Dik, decide di dare il proprio volto e la propria voce alle sue canzoni. Dopo Crocetta che inventa il Piper a Roma, il “molleggiato” Adriano Cementano che irriverisce il pubblico del Festival, il duo Renzo Arbore e Gianni Boncompagni che si inventano in radio il programma ironico demenziale Alto Gradimento e la nascita del Bandiera Gialla di Rimini, tempio di musica detonante, i giovani scoprono con appieno la differenza abissale dei propri gusti con quelli dei genitori.
In tutto questo “movimento”, profondo ed inarrestabile, in una città di provincia, una città soprattutto universitaria, problemi così forti vengono sentiti stranamente in modo più soft, meno acceso che nei grandi centri del potere e la maggior parte dei giovani, contesta più per “seguire l’onda” che per convinzione.
Anche nello sport dell’automobile, questa folata di nuovo arriva forte e chiara e già verso la metà del 1968 negli ambienti sportivi attorno all’Automobile Club Pavia, la forza dei giovani, mitigata dalla saggezza degli anziani, sta ponendo le basi per creare qualche cosa di veramente innovativo.
La tradizione pavese, dopo l’abbandono fisiologico delle grandi corse su strada, si indirizza come tutte le piccole entità locali, verso la regolarità prima ed i rallye poi. Già negli anni ’50 in provincia di Pavia erano attive alcune manifestazioni di buon livello regolaristico come la Pavia–Sanremo (Coppa Riviera) in febbraio, il Giro della Provincia a maggio, la Coppa Lomellina a Vigevano in giugno e la Pavia-S. Vincent ad ottobre. Non vanno dimenticati anche i “transiti” causali di manifestazioni importanti come il Rallye dei Fiori, il Montecarlo o il Rallye d’Italia. Molte anche le piccole manifestazioni “non ufficiali” ruotanti attorno all’Automobile Club come l’Autogiro Quiz o le varie cacce al tesoro.
Verso l’inizio degli anni sessanta i rallye diventano un fenomeno sempre più di massa e sono molto seguiti dal pubblico che inizia ad apprezzare questi piloti alle prese con strade impervie, spesso mulattiere, dove buche, fango e sassi sono all’ordine del giorno (pensate che allora il regolamento vietava di montare perfino il paracoppa) ma soprattutto erano le vetture, le macchine, quelle di tutti i giorni, senza modifiche (i roll-bar, le cinture a più punti, i sedili specifici erano ancora la da venire). Bastavano due paraspruzzi alle ruote posteriori e due anteriori a protezione del fango per i fanali, due fari di profondità aggiunti e gomme antineve, sempre. Per chi voleva esagerare un volante sportivo, una bella marmitta rumorosa e qualche striscia adesiva sulla carrozzeria.
Questo innovamento sportivo è già nell’aria da tempo e Pavia non è immune, ma ancora per diversi anni non si riesce trovare il “la” per partire anzi, l’interesse sembra scemare e spariscono quelle manifestazioni che negli anni cinquanta facevano ben sperare. Ma il fuoco sotto la cenere non è morto e con l’arrivo di Benedetto Pelliccioni alla direzione dell’Automobile Club, avvalendosi della collaborazione di Siro Pietro Quaroni, il “professore” che lascerà una traccia indelebile nella storia del rallysmo nazionale, viene riscoperto il Giro della Provincia, ormai in letargo dopo dieci edizioni. Rivisto e ricorretto sotto la forma di “Regolarità Sprint” nella primavera del 1969 i motori ritornano sulle colline dell’Oltrepo’.
A vincere è il veneto Pietro Polese con la Renault R8 Gordini.
Dopo questa esperienza subito nasce una Scuderia cittadina affiliata all’Automobile Club provinciale: la Pavia Corse. A presiederla è chiamato il cavalier Giovanni Manzoli che si avvale della collaborazione di Giampiero Nascimbene e del presidente della Commissione Sportiva, Alessandro Redaelli.
I colori sociali sono giallo e nero ed il marchio è un triangolo raffigurante un leprotto con in basso una riga a scacchi bianchi e neri con la scritta Pavia Corse.
I promotori della nuova scuderia sono ricchi di iniziativa e di entusiasmo tanto che nel settembre dello stesso anno viene affidato ai fratelli Luigi, Bruno e Gianni Valle, titolari di una officina Renault alle spalle del Castello Visconteo, l’onere di costituire una squadra di giovani piloti e navigatori da crescere, istruire e lanciare nella disciplina rallystica. Sono parecchi ad aderire come Piero Ventura, attuale giornalista ed autore di alcuni volumi sui rallye, allora giovane promessa kartistica con alle spalle 112 corse e 18 vittorie oltre a diverse esperienze in Formula Monza e nel Trofeo Vigorelli. A Ventura si aggiungono presto Alessio Bencich, abile “pistaiolo”, Bruno Zetti, Mario Ferrari, Giorgio Giardini, Giovanni Cavallotti, Vittorio Zaffarana, Tino Premuni, Gabriele Rizzi, Angelo Panzarasa e ancora Cereda, Valle e Coppalini. Negli ambienti dell’officina dei Valle iniziano i corsi teorici mentre al sabato ci si porta sulle impervie strade (allora vere mulattiere) di Nazzano, Oramala e Sant’Albano dove si ipotizzano dei veri e propri mini rallye.
Con il contributo finanziario della Scuderia, dell’Automobile Club e l’autotassazione dei soci, si acquistano cinque Renault R8 di seconda mano che i Valle sistemano sia nella meccanica che nella carrozzeria, dipingendole di giallo con i cofani neri.
Altri piloti si aggiungono verso fine anno per la stagione 1970, come Vittorio Baudini, Felice Marchesi, Giampiero Vai, Beppe Invernizzi, Elio Raimondi, Ettore Masnata, Angelo ed Enrica Vistarini.
La presentazione ufficiale della Pavia Corse avviene durante la festa sociale dell’Automobile Club Pavia presso l’Old River, famoso locale di Viale Libertà. Intervengono le massime autorità cittadine, la stampa, il direttivo con diversi soci, i piloti e tutti gli appassionati pavesi. Siro Pietro Quaroni, impagabile cerimoniere, premia con orgoglio Giovanni Alberti, vincitore del titolo italiano prototipi (corse anche a Indianapolis, Le Mans e numerose grandi manifestazioni). Giovanni Alberti è anche il papà di Alberto, indimenticato astro nascente del rallysmo pavese che dopo uno straordinario 4 Regioni del 1980, conclusosi con un ritiro quando era secondo assoluto, perse la vita in un tragico incidente durante le prove del rallye Colline di Romagna. L’anno successivo nacque la Scuderia Alberto Alberti a Stradella, tuttora in piena attività nel mondo rallystico ed organizzatrice del Rally Terme di Salice-Oltrepo’).
Fra i premiati di quella lontana sera all’Old River anche Vittorio Baudini, primo pilota della scuderia ad aggiudicarsi una gara nazionale. Al termine della serata Siro Pietro Quaroni presenta la dodicesima edizione del Giro della Provincia in calendario il 12 aprile 1970 e valida come prova del Campionato Italiano di Regolarità Sprint. La prima uscita della squadra ufficiale della Pavia Corse è dunque fissata nella gara di casa ma il bilancio finale non è dei migliori con l’equipaggio Bencich-Cavallotti unico al traguardo. Delle altre vetture al via Ventura-Premuni demoliscono la loro R8 in una scarpata a Casa Matti con anche qualche “ammaccatura” fisica, mentre Mario Ferrari esce di strada pure lui in maniera brutale con danni ingenti solo alla vettura. Per gli altri della squadra “Junior” sono problemi meccanici a dire stop alla loro gara. Ma subito i piloti della Pavia Corse riprendono in mano la situazione ed ottengono nel corso dell’annata ottimi risultati a Vercelli, Biella, ai Monti Savonesi, a Torriglia, al 333 minuti di Novara ed al Rallye Alpi Orientali ad Udine.
A fine stagione arriva anche un giovanissimo Luigi Bossi (oggi ancora rallyman di ottimo livello) mentre la Pavia Corse apre un “distaccamento” presso la concessionaria Citroen-Vistarini di Voghera.
Con il ’72 sono parecchi i piloti che difendono i colori giallo-neri della scuderia pavese e fra questi va segnalato Eros Noè, giovane con molto talento. Fra gli arrivi dei tanti “pilotini” decisi ad intraprendere questa attività emergente, alla Pavia Corse approdano anche due nomi di spicco, il milanese Leo Pittoni con la moglie Serena, una coppia già largamente affermata nel settore. Con i Pittoni su Porsche 911 ed i lomellini Marchesi-Bertassi con la Fiat 128, la scuderia partecipa al Rally di Montecarlo di quell’anno. L’arrivo del giovane e vulcanico Leo Pittoni con i risultati che ottiene, porta sulle sponde del Ticino tanta popolarità e diversi altri piloti di ottima levatura. La Pavia Corse è ormai una realtà consolidata nel mondo rallystico ed il sogno di qui pochi appassionati che ne sono stati i padri, sembra non aver fine. Ma purtroppo come tutti i sogni anche questa bella favola è destinata al un brusco risveglio. Alla fine della stagione 1972, la Scuderia pavese ha un bilancio estremamente negativo; manovre discutibili e operazioni sfortunate, portano allo scioglimento del sodalizio dopo quattro stagioni ad alto livello.
Ma l’anima della Scuderia continuerà a vivere per molti anni ancora. Dal distaccamento vogherese nascerà a qualche anno dopo a Rivanazzano il Rally Club Oltrepo’, una scuderia che terrà alto i colori dello sport automobilistico pavese mentre nel capoluogo prende avvio quel gioiello organizzativo che sarà il Rally 4 Regioni che dal 1971 al 1986, fu uno dei maggiori rallye italiani ed europei.
Ma le ceneri della Pavia Corse si sono solo assopite anche se, come si dice a Pavia, tanta acqua è passata sotto il Ponte Vecchio, dopo alcuni decenni nei quali nacquero la PaviaRally e la Voghera Corse e le attuali Scuderie Alberto Alberti, Ticino Rally e Road Runner, le viscere della Pavia Corse sono nuovamente in fermento grazie a personaggi di qui tempi, a quelli arrivati qualche anno dopo e agli ultimi appassionati degli anni 2000.
Cesare passando il Rubicone disse “il dato è tratto”, noi guardando il Ticino diciamo “Pavia apri la gabbia, il leprotto deve tornare a correre”…..
Fulvio Negrini